Zingaretti e social: quel sapore di “vorrei ma non posso”
Zingaretti e social è esattamente come Zingaretti e vita reale.
Nessuna differenza. Come nella vita reale, infatti, il segretario del Pd non esprime un grandissimo carisma neanche sulle piattaforme. Questo è evidente a tutti: a chi, come noi, lo osserva, e a chi, partecipe, ne segue le sorti politiche.
Su Facebook, il successore di Martina sfiora i 300mila seguaci, che salgono a 474mila su Twitter e scendono a 88mila su Instagram.
Forte del suo zoccolo duro di consensi – può arrivare la peste, la carestia o un cataclisma, ma potrà contare sempre su un 18 per cento di base -, Zingaretti fatica nettamente a imporre un qualche tema nel dibattito, a dettare un argomento nell’agenda politica.
Nell’analisi del rapporto tra Zingaretti e social, siamo di fronte a un fattore caratteriale che diventa tratto politico-comunicativo preponderante.
Difatti, risulta evidente anche scorrendo la feed del profilo. Zingaretti non corre. Rincorre. La maggior parte di ciò che pubblica è uguale per tutte le piattaforme. Le interazioni, però, sono pochine. Prendiamo Twitter (474mila seguaci): alcuni post più politici non vanno oltre i 200 “mi piace”.
Meglio, come vedremo tra poco, gli stessi post su Facebook e, in generale, le reazioni a pubblicazioni “tematiche”, specie contro la Lega e il razzismo.
Cerca subito, come tanti a sinistra, di ingraziarsi le Sardine. Lo fa con alcuni post di evidente compiacimento.
Un paio di scatti sulla “bellissima Bologna” del 14 novembre, quando esplode il fenomeno. Un video dell’immancabile “Bella ciao”, sempre dal capoluogo emiliano. La didascalia che accompagna l’avvio della manifestazione del suo partito: “Oggi comincia ‘Tutta un’altra storia’: a Bologna, e non è un caso”.
Insomma, abbozza il sorriso, strizza l’occhio ma poi si ferma. Perché sa che a causare il prepotente successo di quel movimento è proprio il vuoto del suo partito (qui un’analisi proprio su questo punto), la sua incapacità di chiamare alla piazza la sua base.
Dunque, Zingaretti non passa il limite. Non cede alla tentazione di mettere il cappello a un fenomeno che comunque viene da sinistra. Anzi, adotta un’altra strategia. Parla, cioè, dei temi cari alle Sardine. Ma senza nominarle.
Da quel momento, nei suoi post, prima maggiormente incentrati sulla propria figura, si riscontrano con maggiore frequenza quelle tematiche che hanno portato tanta gente nelle piazze. Ambientalismo, femminismo, antirazzismo, antileghismo, partigianeria.
Una sorta si “target nel target” (vedi qui): colpisco in quella platea per portarne a casa una parte.
Non è per nulla un caso se le immagini di maggiore successo sono quelle che battono proprio su questi elementi di discussione. I post contro la Lega, “che genera paure” e contro cui “noi siamo l’unica alternativa”, sono quelli più apprezzati.
Così come lo è quello sul partigiano centenario, sulla condanna dell’imbrattamento delle targhe antirazziste a Roma o sull’albero piantumato in un giardino pubblico. Tutte pubblicazioni che, se va male, doppiano le altre in termini di gradimento e di interazioni.
Ma nessuna di esse serve a dare un input al dibattito politico. Tutte, al contrario, danno l’idea di andare a traino di quest’ultimo. Perché, come detto, Zingaretti non corre. Rincorre.
(Fonte foto: Facebook, profilo di Nicola Zingaretti)