Comunicazione (è) Politica

Discesa in campo – Atto IV

18/01/2019

Discesa in campo – Atto IV

Tra Silvio e la discesa in campo il rapporto è molto stretto. Siamo alla quarta in cinque lustri. Una ogni sei anni: una media altissima.

La discesa in campo delle discese in campo, neanche a dirlo, dà il nome al suo primo discorso, quello trasmesso in Finivest-visione dal suo studio, con la foto della famiglia alle spalle.

Allora Silvio aveva solo 57 anni. D’altra parte, solo in Italia un uomo, ancorché si chiami SB, può affacciarsi alla politica a soli 57 anni. A 82 anni, l’ex presidente del Consiglio torna a correre, e stavolta lo fa per il Parlamento europeo. Ma, a parte la tempistica che sa di lembo di stoffa da Re dei comunicatori (obiettivo: provare a sfumare l’importanza dell’accordo definitivo su Quota 100 e Rdc), in quale situazione SB scende in campo?

Gli aspetti sono due, e sono entrambi sfumature dell’ambito comunicativo. Ce l’ha insegnato lui, la politica o è comunicazione o non è. Il primo aspetto è legato alla situazione mediatica in cui versa la sua immagine. L’altro invece alla eterna metafora che l’ex presidente del plurititolato Milan pone alla base di tantissimi dei suoi discorsi insieme alla metafora mistica: quella sportiva.

  1. SB è mediaticamente devastato. Al minimo storico. “Forza Italia per noi è al 10%, e con lui resta al 10%. Il suo valore aggiunto è pari a zero”, afferma il sondaggista Nicola Piepoli. Forse, dare queste cifre a poche ore dall’annuncio è prematuro. Ma bastano pochi dati per capire. A fornirceli – va senza dire – sono i social. E allora: alle 13:55, sull’account Twitter di SB (poco meno di 50mila seguaci) viene pubblicata la notizia dell’ennesima discesa in campo. Risultati: 450 “mi piace”, 330 commenti e 170 retweet.

Se il confronto con Matteo Salvini (che in dieci minuti riesce a trovare 70 utenti che condividono la foto della sua cena, un piatto di pasta) non è minimamente proponibile, lo vogliamo fare con un potenziale concorrente di SB, l’attuale capo del governo Giuseppe Conte. Il quale, in un’ora, in calce al post su Quota 100 e Rdc racimola 107 commenti, 270 retweet e 760 “mi piace”. Morale della favola: la politica dalla televisione è finita. Da un pezzo. E Se SB non buca lo schermo (dello smartphone) bisognerebbe che capisse che il suo momento è passato da tempo, e se l’è abbondantemente giocato. Al Viminale avranno sparato chissà quanti “tracchi” alla notizia della candidatura a Bruxelles.

  1. La metafora sportiva è sempre stata il suo forte. Il linguaggio è sempre stato il suo punto fortissimo. Diciamoci la verità, anche chi l’ha odiato (cioè la metà degli italiani) non può non riconoscere la sua enorme capacità – un merito, a mio avviso – di innovare e stravolgere il modo di comunicare la politica. Come accennato, il “discorso della discesa in campo” è stato sin dall’inizio un manifesto, un proclama. Contro “i comunisti” (oggi contro “i pentastellati”), per far capire un concetto fondamentale all’opinione pubblica: o di qua o di là. Come allo stadio, appunto.

E allo stadio, dove gli “azzurri” si oppongono ora ai “rossi” ora ai “gialli”, si “lancia la palla in tribuna” quando ci si libera da una situazione di pericolo; si “fa squadra” nei momenti di difficoltà; si elencano le “azioni messe in campo” per darsi un tono; si fa il totoministri per indicare i componenti di un governo; si fa campagna acquisti per tenerlo in piedi, un governo; si vota “Forza Italia” perchè è “gli altri sono l’anti-Italia” (di questo ho parlato analiticamente nel mio “Parole e crisi politica”, che trovi nell’area “Shop”)..

Prima di giocare una partita, però, bisogna prepararsi a “scendere in campo”. Silvio lo sa bene, lo ha appena fatto per la quarta volta, ma “rassegnarsi” e “appendere le scarpette al chiodo” non sono lemmi presenti nel suo vocabolario.


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