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M5S e Diciotti: il cerino al popolo di Rousseau

17/02/2019

M5S e Diciotti: il cerino al popolo di Rousseau

Il commento più bello è di Antonio Polito: “Era dai tempi di Pilato che non si affidava a una piazza la decisione su un rinvio a giudizio”.

Arguto. Azzeccatissimo. Spettacolare. In un solo rigo di battuta semiseria sono contenuti, a mio avviso, due risvolti fondamentali della vicenda Diciotti.

Il primo è politico, il secondo è strategico.

Primo. Leggere il quesito dal “Blog delle Stelle” per credere. “Il ritardo dello sbarco della nave Diciotti, per redistribuire i migranti nei vari paesi europei, è avvenuto per la tutela di un interesse dello Stato?

– Sì, quindi si nega l’autorizzazione a procedere

– No, quindi si concede l’autorizzazione a procedere”.

Non trovi che l’incidentale (“per redistribuire i migranti nei vari paesi europei”) sia un tantino tendenziosa? Insomma, non è che chi ha elaborato il quesito, sotto sotto, abbia il malcelato desiderio che Salvini non vada a processo? Io ce l’ho. Si tratta di un dubbio che non è soltanto mio, ma di cui ho già trovato riscontro facendo un rapido giro in rete.

Tuttavia, è sulla scelta di affidarsi proprio alla rete, a Rousseau e alle votazioni come questa che mi viene da chiedermi tante cose. Esempio. Chi decide su quali temi votare e su quali no? Soprattutto, qual è il discrimine tra gli argomenti oggetto di consultazione diretta e quelli la cui scelta è in capo esclusivamente al Movimento? Insomma, non è che la democrazia diretta e i poco più di centomila iscritti alla piattaforma vengano visti come quella persona a cui consegnare il cerino che si sta spegnendo? Come una scusa per non prendere decisioni che scottano? Per decidere cioè di non decidere e lasciar decidere gli altri? Il tutto, filtrato da una piattaforma i cui rapporti con la “Casaleggio Associati” non sono propriamente e del tutto chiari. Qualche attivista-votante potrebbe rispondere e chiarire questi punti.

Secondo. Quanta acqua porterà questo voto al mulino del ministro dell’Interno? Tantissima. Da rischiare l’inondazione. Perché? Per varie ragioni. Salvini non ha fatto neanche mezzo accenno alla vicenda (a parte qualche professione di serenità e una minaccia di querela per chi paventasse uno scambio politico Diciotti-Tav), e come lui i leghisti, su questo evidentemente opportunamente istruiti.

Pur senza autodefinirsi tale – e qualunque sarà il responso -, Salvini sarà dunque percepito dall’opinione pubblica come il nuovo condannato alla crocifissione, che silente sopporta di essere in balìa dei pilateschi comportamenti degli alleati, incapaci di prendere una decisione.

Probabilmente ne uscirà come il nuovo agnello sacrificale. Che in tempi di crisi di latte di pecora fa tanto pendant.


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