Sardine e Salvini, in piazza ci vanno solo i poli opposti
Sardine e Salvini è lo scontro delle ultime settimane.
Probabilmente, a giudicare dal successo dei “quattro amici al bar” di Bologna – e poi di Modena, e poi di Palermo e così via -, lo scontro andrà avanti per un po’. Un fenomeno “inatteso”, come ha confessato lo stesso Matteo Salvini.
Sono stati già versati fiumi d’inchiostro sulla fenomenologia delle Sardine (qui un bel pezzo su Formiche), per cui in questa sede proveremo a non ripeterci. Piuttosto, ci interessa accendere i riflettori su un fenomeno ormai evidente.
Sardine e Salvini sono la rappresentazione plastica di quella che gli studiosi chiamano polarizzazione.
Il perché è presto detto. Basta fare mente locale. Chi chiama alla piazza lo fa perché non ha timore di non riuscire a riempirla, oppure perché gioca al Rischiatutto. Se il primo caso appartiene a Salvini e ai movimenti sedicenti sovranisti (qui l’analisi sull’utilizzo da parte del segretario della Lega dello strumento del comizio), il secondo è certamente quello dei sedicenti resistenti.
In mezzo, però, il vuoto cosmico. I partiti di governo non pensano neanche lontanamente a comizi di piazza. Il M5S si è intravisto in Umbria, ma era campagna elettorale. E a Napoli alcuni mesi fa. Ma alla Mostra d’Oltremare l’organizzazione era diversa dall’adunata classica.
Il Pd, invece, resta ben ancorato al 18 per cento dei sondaggi – da cui non si discosta neanche con le cannonate – e ben rintanato al Nazareno. Neanche il naso fuori da là, se non per qualche appuntamento rigorosamente al chiuso.
Discorso non molto differente per Italia Viva e per Forza Italia che, per differenti motivi – uno di recente costituzione, l’altro in una situazione non proprio idilliaca – scansano le piazze come scansano la peste.
Insomma, il dibattito politico così sviluppato dà origine a una distorsione evidente. Così evidente che l’opposizione va in piazza contro il governo (Piazza San Giovanni), mentre le Sardine si formano in rete e si danno appuntamento in piazza contro l’opposizione.
Passando cioè dall’agorà virtuale a quella reale, riempiono quell’enorme vuoto che da tempo le forze demostellate non sono più in grado di colmare, come abbiamo provato a spiegare qui. È il frutto del fenomeno richiamato in testa, la polarizzazione.
Oggi vince chi è abile a disintermediare il proprio rapporto con l’opinione pubblica e l’elettorato.
In questo, sembra esserci affinità tra Sardine e Salvini (comizi, momento-selfie e quant’altro).
Si pensi all’utilizzo di Facebook, delle Stories di Instagram e dei trending topic di Twitter, che garantiscono diffusione.
I dati dell’Osservatorio sulla Comunicazione Digitale di PA Social e Istituto Piepoli (leggi qui) non parlano a caso: agli italiani la comunicazione politica dei partiti tradizionali non piace. Non se ne sentono coinvolti.
C’è voluto un movimento dal basso – che più dal basso non si può – per mostrare e dimostrare che il popolo è pronto a reagire agli stimoli, anche in maniera clamorosa. Magari poi dovrà votare uno di quei partiti in cui non si riconosce, ma la leva del nemico ha comunque sortito un effetto.
Non sappiamo dire se e quanto dureranno. Ma se dalla protesta alla proposta ci passano due sole lettere, spesso può passarci anche un mare.
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