Salvini e Meloni: il centrodestra e lo tsunami del consenso
Salvini e Meloni. O Meloni e Salvini?
Come anticipato alcuni giorni fa nel pezzo su Berlusconi e il suo smarcamento dall’anima sovranista del centrodestra (collegamento in calce), oggi tratto il tema del rapporto tra il leader della Lega e quello di Fratelli d’Italia.
Lo faccio considerando tre indicatori su tutti: sondaggi, gradimento personale e investimenti e risultati sui social.
Rapporto ovviamente numerico, di dati. Perché, chiariamo subito, si tratta di dati fortemente sorprendenti. Partiamo da un fattore incontrovertibile. Nel centrodestra la leadership non è più blindata come prima.
- SONDAGGI. Cosa che potrebbe apparire come fuori dal mondo, stanti i 12-15 punti (dipende di sondaggi) che oggi separano Salvini e la Meloni.
Proprio i sondaggi, però, prendiamo come primo elemento. Confrontandoli con il risultato delle elezioni europee di un anno fa.
Lega al 34%, FdI al 6,4%. Quelli di oggi danno un regresso del Carroccio di almeno 5-6 punti e un avanzamento della Meloni di 6-7 punti. Un’enormità (consensi ben più che raddoppiati), che, al netto di Papeete e tanto altro, diventa un marcatore fondamentale: la marcia è innestata, la tendenza è evidente.
- GRADIMENTO PERSONALE. Se Conte è fuori concorso – la pandemia e il suo ruolo istituzionale hanno portato il consenso verso la sua persona a picchi poche volte visti prima -, la gara interna all’opposizione di centrodestra ha un vincitore chiaro. Anzi, una vincitrice.
Da tempo, ormai, in questo particolare indice la Meloni è davanti a Salvini. Un dato importante, che è il risultato immediato di quel processo di personalizzazione della politica di cui tanto si parla. Dunque, il leader di FdI si fissa su percentuali di gradimento del 30-33 per cento, Salvini si ferma al 27-29.
Perché? Appare chiaro, come ho già avuto modo di scrivere in tempi recenti (secondo collegamento in calce), che quest’ultimo paghi il maggior livello di istituzionalità del periodo storico.
Salvini e Meloni hanno un percorso politico molto differente, e ora sta venendo fuori del tutto.
Gli elettori riconoscono alla seconda decisione, fermezza e “spirto guerrier”. Ma anche un maggiore grado di istituzionalità.
Contribuiscono – e non poco – anche singole scelte comunicative. Nonostante in molti (troppi) accomunino o addirittura sovrappongano le due strategie, è evidente come invece esse siano molto diverse tra loro. Un esempio su tutti: non credo vedremo mai la Meloni recitare il Padre Nostro da Barbara D’Urso. Sono scelte, legittime entrambe, che si riflettono poi nel gradimento da parte dell’elettorato.
- INVESTIMENTI E RISULTATI SUI SOCIAL. È probabilmente questo il fattore più eclatante. In breve, Giorgia distrugge Matteo sul suo terreno. Sappiamo tutti che la macchina della comunicazione della Lega ha battuto in maniera forsennata sui social. Gli oltre 250mila euro che Salvini ha speso in un anno su Fb ne sono la prova.
La Meloni si è fermata a 42mila euro, e oltretutto in questo periodo di pandemia non ha sponsorizzato alcuna pubblicazione (dati da Facebook Library).
Ma ciò che colpisce nel confronto sui social tra Salvini e Meloni sono i risultati, inversamente proporzionali alla spesa. Salvini ha un numero di seguaci che quasi triplica quelli della Meloni. Scrive quasi il doppio dei post a settimana. Ma in proporzione, nei risultati il leader di FdI registra tassi di engagement e di interazioni clamorosamente più alti.
Se i numeri parlano, allora quello che ho definito tsunami del consenso potrebbe profilare un cambio all’orizzonte.
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