La teoria del nemico, vero fulcro della campagna elettorale
La teoria del nemico è un concetto di cui si parla spesso, specie in ambito politico.
Ne ho parlato spesso anch’io, sulle pagine di VM. Ora più che mai, è diventato il vero fulcro della politica e, dunque, della comunicazione politico-elettorale.
Quando si comincia ad additare qualcuno per qualcosa, si delineano i contorni di quella linea sottile che distingue partigianeria politica da propaganda politica. La strategia del nemico esterno, d’altronde, è insita nella politica, è fisiologica, ed è utilissima nel compattare truppe e consenso. Carl Schmitt ha fissato questo paletto argomentando sulla dicotomia amico-nemico.
La partigianeria politica è ormai da tempo un elemento fondante del panorama mediatico italiano (qui). Gli stessi giornalisti la presentano come una ragione di vanto. Fatta eccezione per alcuni casi, il sistema editoriale è fortemente impuro. Ciò vuol dire che i singoli editori non svolgono unicamente questa attività, ma hanno collegamenti con gruppi finanziari e, anche, con partiti politici.
Nella fase attuale, con le elezioni a meno di due mesi e i sondaggi che danno un testa a testa tra due partiti, la polarizzazione può facilmente portare alla scelta di una strategia comunicativa di questo tipo (qui).
La teoria del nemico prevede che io scelga un obiettivo e lo attacchi per trarne consenso e unire i miei seguaci sotto un’unica insegna.
Ma siamo certi che l’esito sia per forza questo, ovvero ricavarne consenso, appunto?
Ogni giorno, vediamo come e quanto testate nazionali si applichino per trovare e pubblicare notizie che potrebbero andare bene (forse) più per un rotocalco che per un giornale. Tornando a Schmitt e ai suoi studi sulla strategia del nemico, per ottenere gli effetti positivi di compattare truppe e consenso c’è necessità di alcune precondizioni. Bisogna essere credibili e dimostrare ai cittadini, con informazioni trasparenti, che la minaccia è reale.
Solo così si può sperare di spuntare una conseguenza positiva senza scadere nella manipolazione. Ma ciò, ormai, vale tanto per i partiti quanto – e forse questa comincia ad affermarsi come novità – per i media. Perché un nemico è il miglior amico della propaganda.