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Spread, giornali e governo: quando l’utilizzo diventa funzionale

30/08/2019

Spread, giornali e governo: quando l’utilizzo diventa funzionale

“Spread” è una parola entrata ormai nel vocabolario dell’italiano medio.

Anche chi è a digiuno di nozioni di Economia e Finanza, infatti, ha familiarizzato con questo concetto. Ne ho parlato abbondantemente nel mio saggio Parole e crisi politica. Dal politichese all’economichese. Come cambia il lessico politico al tempo della crisi”. (vai qui per info)

Nel 2011-2012, quando ho scritto questo libro, ho voluto dedicare alla tematica un capitolo intero.

Proprio per analizzare come e quanto “spread” stesse entrando nel linguaggio comune.

A quel tempo, ricorderete, era un bombardamento senza sosta. Il governo Berlusconi stava cadendo e al suo posto si preparava il governo tecnico guidato da Monti.

Lo spread tra i Btp italiani e i Bund tedeschi raggiunse quasi 600 punti. Numeri gonfiati? C’è chi dice sì e c’è chi no. Causa-effetto, in questo senso, nell’analisi sono interscambiabili.

Di certo c’è che la parola entrò a gamba tesa nel lessico comune. Parlato e scritto. In tv e nelle case. Si parlava di spread finanche nelle gag comiche in tv. Ma la parola venne utilizzata anche per battezzare il tradizionale “botto” di fine anno a Napoli. Un tempo c’era la “bomba di Maradona”, nel 2011 fu chiamato “o’ spread”.

Naturalmente, la nostra innata propensione per qualsiasi cosa non sia italiana ci ha portato a utilizzare sin da subito la versione anglosassone del lemma. Non la sua traduzione – per carità -, che sarebbe “differenza”, “differenziale”.

Come sappiamo, lo spread è tornato nel vocabolario politico-mediatico da un anno e qualche mese. Da quando, cioè, si è cominciato a parlare di governo gialloverde. I mercati, altro termine che designa tutto e niente, sono tornati a essere “volatili”.

Negli ultimi mesi, tuttavia, lo spread ha subito un calo drastico: da 300 punti a 200. Un meno 30 per cento a cui, però, non è corrisposto un’adeguata eco mediatica. Oggi, al contrario, si leggono titoli altisonanti su quanta fiducia i mercati diano al nuovo governo Conte.

La sede della Borsa di Milano, in Piazza Affari

Corriere, Repubblica e Il Sole: tre esempi lampanti (vedi mini-galleria in basso) di come la narrazione giornalistica stia ora andando verso la valorizzazione di condizioni ottimali per la nascita dell’esecutivo.

“Crisi, lo spread sceso a 160, torna ai livelli del governo Gentiloni”, titola un pezzo pubblicato ieri su Corriere.it. Mentre sull’edizione cartacea Marco Sabella titola un taglio basso a pagina 8 “Lo spread ancora in calo. Al minimo storico il rendimento dei Btp”.

Repubblica.it, invece, nella sezione “Economia e Finanza”, titola con Raffaele Ricciardi: “Vola Piazza Affari sull’incarico a Conte. Asta  Btp, record storico: rendimento sotto l’1 per cento”.

IlSole24Ore.com, allo stesso modo, titola in un pezzo di Chiara Di Cristofaro e Stefano Arcudi: “Piazza Affari dà fiducia al Conte-bis e svetta in Europa con banche e spread a 172”. L’edizione cartacea ci fa addirittura il titolo di apertura in prima.

In tanti, naturalmente, ribattono che si tratti di mera e doverosa cronaca giornalistica.

“Se il dato è questo, perché devo nasconderlo?”. “Da giornalista noto che lo spread è basso, vado a confrontare con dati del passato e riporto il paragone”.

Non fa una piega. Il tutto va però a inserirsi nella linea editoriale delle testate. Le tre citate sono sempre state – con sfumature che vedono Repubblica in testa – nettamente contrarie al governo Lega-M5S.

È fisiologico e nella naturalità delle cose che ora mettano in campo un certo tipo di narrazione, finalizzato a orientare l’opinione pubblica in un certo senso.

“Il nuovo governo non si è ancora formato e già fa bene alla nostra economia e quindi alle nostre tasche. Amen.


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