Comunicazione (è) Politica

Porta a Porta, i Matteos e il cinguettio come schema mentale

16/10/2019

Porta a Porta, i Matteos e il cinguettio come schema mentale

Porta a Porta, social network per una sera.

I due competitors – che simpatizzano l’uno per l’altro più di quanto facciano apparire -, seduti stavolta non in poltrona ma dietro un lungo tavolo, paiono infatti più ragazzini impegnati a cinguettarsi contro che capi politici.

Fluttuano bellamente tra bisticci e battute, e a Porta a Porta si riproduce esattamente ciò che avviene sulle piattaforme.

Si prendono la scena – e questo era inevitabile, considerando il temperamento dei due – e relegano i direttori Molinari e Brambilla quasi a meri spettatori. Due domande due in trequarti d’ora.

I due sono fiumi in piena, l’un contro l’altro armato. Lo stesso Renzi, prima di prendere parola per rispondere a Salvini, esordisce così: “Qualche tweet di replica, visto che ha messo sul tavolo un po’ di temi”.

Ecco, appunto, il cinguettio come schema mentale. Le battute a effetto, abilmente preparate. Quelle che stanno in poche decine di caratteri. Salvini insiste su “genio incompreso”, Renzi, da par suo, ribatte con l’abile mossa del “questo non è Instagram”, che ricorda molto “esci da questo blog”, rivolto all’ex nemico Beppe Grillo.

O con l’accusa a Salvini di conoscere tutte le sagre e di essere uomo da Pro Loco. Un cinguettio che, comunque la si pensi, strappa una risata.

Renzi e Salvini si stringono la mano prima di Porta a Porta

Insomma, i due sembrano quasi parlare come due utenti social. Sulle piattaforme la figura del moderatore non esiste. Difatti, neanche il padrone di casa, Bruno Vespa, riesce più di tanto a stargli dietro.

Matteo Renzi sembra tenere maggiormente il ritmo, sembra riuscire a impostare il confronto, portandolo dove più si sente forte.

Salvini – sbuffi continui ed espressioni più o meno strambe – non gradisce i continui riferimenti al Papeete (quanta visibilità, questo locale!) e alla sua predilezione per l’assaggio dei prodotti tipici. E sposta spesso il focus sul tema a lui più caro.

L’impressione che se ne ricava è che, al netto di un confronto scandito dai cinguettii, il capo della Lega sia più un animale da palco, mentre l’inventore di Italia Viva riesca maggiormente a padroneggiare il mezzo televisivo e i suoi tempi. Pause, mimica e gestualità sono davvero d’impatto.

Così come le frasi che sembrano pronunciate “per caso”, e invece sono veri e propri manifesti. Si pensi a “un moderato di destra non voterebbe mai Salvini”. Un’incidentale che è esattamente l’ammissione di un obiettivo.

Come scritto un paio di settimane fa nell’analisi delle ragioni di questo confronto (leggi qui), ad ogni modo l’obiettivo è raggiunto. Riprendersi la scena, ciascuno per perseguire i propri obiettivi, e spegnere un po’ i riflettori sui colleghi che possono “infastidire”: la Meloni da un lato, Zingaretti dall’altro.

Perché, a parte una sortita sul presidente Conte, avete ascoltato qualche cinguettio dedicato al governo?


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