Comunicazione (è) Politica

La comunicazione secondo Matteo: la disperata ricerca della normalità

07/05/2019

La comunicazione secondo Matteo: la disperata ricerca della normalità

A un certo punto, nel pieno del comizio, arriva un signore in platea nel Cinema Partenio di Avellino. Le telecamere, come se sapessero che avrebbe parlato, si soffermano su di lui.

Chi gli sta di fianco deve avergli tenuto il posto, e il signore urla qualcosa senza neanche prima accomodarsi.

“Hai le p***e! Sei un grande!”. Che assist per il Capitano, ragazzi. Difatti, lui lo prende al volo e segna a porta vuota, da consumato attaccante. “Non sono un grande. Sono un italiano nor-ma-le (scandisce, ndr). Erano quelli prima di me che non erano normali a fare i ministri”. Apoteosi.

Uno si chiede: perché? Presto detto. “Normale” è la parola, il concetto, l’idea che Matteo Salvini maggiormente rincorre. E che, bisogna dire, raggiunge anche abbastanza agevolmente.

Una parola, un concetto, un’idea che vengono fuori, evidentissimi, in ogni espressione di sé. Dal suo abbigliamento, dal suo modo di fare, dal suo modo di parlare, dal suo modo di muoversi. E dal suo modo di mangiare. Si presenta nella sua giornata campana con jeans, camicia bianca e gilet, e non disdegna di brandire una bottiglia di Taurasi Docg che un militante gli ha portato in dono, salendo sul palco senza preavviso, e che gli dà lo spunto per trenta secondi da dedicare alla difesa dei prodotti agricoli italiani in Europa.

Lo stesso concetto viene ripetuto poche ore dopo, quando su Instagram pubblica prima un video da una cantina-ristorante di San Michele di Serino (sempre in provincia di Avellino) e poi un altro che testimonia gli autoscatti con i fan in Piazza Portanova, a Salerno – alla stregua di una rockstar nel retropalco o di uno scrittore impegnato nel firmacopie in libreria.

“Io sono normale”, “io sono uno di voi”, “io sono un ministro ma vesto, parlo e mangio come voi”: tutti messaggi che non vengono lanciati esplicitamente (quella di ieri è stata un’eccezione), ma che ugualmente sono catapultati addosso al pubblico attraverso foto, post, video. Sono l’arma vincente della sua immagine, il punto preciso che marca la differenza tra i politici “ingessati” del passato e il politico del popolo del presente. Un modo per superare sul loro stesso terreno gli esponenti del M5S. Negli stessi minuti in cui Salvini arringava l’Irpinia mostrando, tra l’altro, la consueta felpa griffata “Avellino” e augurando addirittura alla squadra di calcio un presto ritorno in Serie A, infatti, Di Maio saliva sul palco di Monterotondo in completo blu, camicia bianca e cravatta blu. Due scelte antitetiche, separate da un abisso.

Probabilmente – sicuramente -, anche quello che Salvini propone ha un certo ascendente sui cittadini, e i sondaggi lo confermano ogni giorno di più. Ma senza un’adeguata e coerente modalità di proposizione delle idee, queste resterebbero su carta e non arriverebbero “alla testa e al cuore delle persone”. Nel suo caso, per dirla con Massimo Giannini, si tratta di “fottuta semplicità”.

Silvio Berlusconi, ormai venticinque anni fa, aveva irrotto sulla scena politica portando con sè l’importanza dell’immagine, che per lui era una vera e propria ossessione. Salvini, per paradosso, segue proprio quella strada. Ma in controsenso: perché si può fare politica e muovere folle anche senza avere un doppiopetto (probabilmente neanche nell’armadio).


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