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Giornalismo e social, l’utilizzo corretto aiuta la professione

29/12/2019

Giornalismo e social, l’utilizzo corretto aiuta la professione

Giornalismo e social sembrano da tempo l’un contro l’altro armato. La crisi che attraversa il settore giornalistico, infatti, viene spesso imputata proprio allo sviluppo impetuoso e all’affermazione impietosa delle piattaforme sociali.

Qui si condivide tutto, in primis le notizie, per cui l’utente – e spesso, purtroppo, anche lo stesso giornalista (guarda foto qui in basso) – non avverte più la necessità di andare a cercarle. Il rischio che poi si possa cadere nella rete delle bufale è un discorso collegato, ma diverso.

Da alcune settimane, però, sembra che l’esercito dei giornalisti abbia finalmente cominciato a girare l’effetto-social a proprio vantaggio.

Come in ogni fenomeno, anche un nuovo rapporto di forza tra giornalismo e social aveva bisogno di una scintilla.

In questo caso, a farla scoccare ci ha pensato, una ventina di giorni fa, Barbara D’Amico, la collega che ha lasciato il Corriere della Sera per via delle condizioni economiche divenute semplicemente intollerabili (leggi qui).

La denuncia – purtroppo vera – di un collega sulla pagina Giornalisti Italiani su Facebook

Non che prima non se ne parlasse e si facesse tutti finta che le cose andassero a gonfie vele. Ma da allora, i giornalisti presenti su Fb hanno cominciato a rivelare le proprie storie. Ne sono venute fuori tantissime, molte del tutto simili a quella della D’Amico. Si possono leggere sulla pagina “Giornalisti italiani su Facebook”, una comunità virtuale molto attiva e presente da tempo.

Partendo quindi da casi particolari, questa pagina sta giocando a fare da cassa di risonanza della condizione generale dei professionisti del giornalismo. E anzi si pone quasi come una buona pratica del corretto utilizzo delle reti sociali.

Cominciano a essere condivisi e a girare articoli come “Un centesimo a parola. L’inferno di una collaboratrice di una testata GEDI” (qui). A novembre ha pubblicato 33 pezzi, a fronte di un compenso totale di 145 euro. Semplicemente folle.

Eppure, come dicevamo, questo utilizzo delle piattaforme può dare il là a un processo che sia, innanzitutto, di autoconvincimento della propria situazione. Dobbiamo tutti capire che non si può e non si deve esercitare questa professione a dispetto dei santi. La strada pare sia quella giusta.

Un giorno sì e l’altro pure ci si sciacqua la bocca di concetti quali “la funzione sociale del giornalismo”. E allora bisognerebbe davvero cominciare a garantire dignità a chi la esercita.


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