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Barbara D’Amico: c’è rimedio al male del giornalismo?

18/12/2019

Barbara D’Amico: c’è rimedio al male del giornalismo?

Barbara D’Amico ha avuto grande coraggio.

Ha lasciato il Corriere della Sera – non il giornalino scolastico – e la sua rubrica “La nuvola del lavoro” (nomen omen) cercando con grande dignità di fare del suo caso una leva per migliorare le condizioni dei freelance.

Ho atteso qualche giorno prima di parlare della sua decisione. L’ho fatto di proposito, perché immaginavo che tutti i riflettori si sarebbero spenti dopo molti “like” e poche ore.

Le parole di Barbara D’Amico non sono altro che lo specchio del giornalismo e dei giornalisti di oggi (non tutti, naturalmente).

Tessera al seguito ma scarsi riconoscimenti. Dignità professionale, poi, neanche a parlarne. Ma chiunque faccia questo lavoro, non può non essere stato colpito dalla sua storia. Anche perché, c’è da scommetterci, vedere il proprio lavoro come una nuvola è una storia che accomuna tanti di noi.

La sentiamo nostra quando la leggiamo e poi la compariamo ad altre notizie. “Laura Cioli ha ottenuto 3,75 mln come buonauscita da Rcs (dopo nove mesi di lavoro) e 1,9 ora che non sarà più ad di Gedi”, come ha cinguettato nei giorni scorsi Paolo Madron.

Barbara D’Amico, giornalista freelance

Eppure, sappiamo tutti che di Barbara D’Amico in Italia ce ne sono decine di migliaia. Molti si tappano naso, occhi e orecchie e continuano a lavorare con una sottopaga. La testata importante e prestigiosa è consapevole di avere un’arma – importanza e prestigio, appunto – che le consentirà di trovare sempre dei sostituti.

Tanti, però, allo stesso tempo cercano di esplorare altre strade. Magari strade fatte di idee, coraggio, iniziativa personale. Credo che sia questa la via da percorrere per molti.

È brutto citarsi, ma ho voluto parlarne nella mia relazione di giovedì 12 dicembre, a Roma, nel corso di formazione sulle “Redazioni social” (qui) nell’ambito del format “I venerdì di Polidoro” (qui).

Della possibilità, cioè, che oggi il digitale offre di avviare iniziative private, personali. Basta seguire i cinque elementi base: osservazione del contesto, creazione dell’idea, ricerca e utilizzo del coraggio, spirito d’iniziativa, coinvolgimento.

Insomma, dal fatto negativo è possibile trarre una conseguenza opposta. È bene che quanto accaduto a Barbara D’Amico ce ne convinca.


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