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Dal Basso Medioevo ai giorni nostri: Guelfi e Ghibellini nel rapporto tra Stato e Chiesa

09/07/2022

Dal Basso Medioevo ai giorni nostri: Guelfi e Ghibellini nel rapporto tra Stato e Chiesa

di Francesco Napolitano

“Ormai puoi giudicar di quei cotali ch’io accusai di sopra e di lor falli, che son cagion di tutti i vostri mali. L’uno al pubblico segno i gigli gialli oppone e l’altro appropria quello a parte, sì ch’è forte a veder chi più si falli”.

É l’invettiva lanciata nel canto VI del Paradiso da Giustiniano contro Guelfi e Ghibellini, le cui aberrazioni sono state “causa di tutte le sventure del tempo”. Invettiva che ancora si attaglia all’antico ma sempre esistente rapporto fra Chiesa e Stato democratico, nella crociata simbolica fra i più celebri esponenti di Guelfi e Ghibellini scontratisi sull’altare della politica italiana.

In contrapposizione dal XII al XIV secolo, se i Guelfi sono stati associati a coloro che sostenevano la supremazia pontificia, ritenendo che solo il Papa fosse legittimato a governare in quanto investito direttamente da Dio, i Ghibellini erano apertamente dalla parte dell’Imperatore sostenendone la causa e la supremazia, contrari all’intromissione della Chiesa nella politica.

La presa d’armi fra partes schierate nella contesa tra Papato e Impero ha tuttavia travalicato i confini spazio-temporali della politica dei Comuni Basso medioevali. Si è protratta lungo le varie tappe dei processi politici italiani, in un continuo scontro fra posizioni più o meno clericali e anticlericali, in una perenne disputa fra i vari Don Camillo e Peppone della storia.

Immagine di uno scontro tra Guelfi e Ghibellini

Nella lotta al potere temporale del Papa, l’anticlericalismo, collocato ideologicamente nell’ambito del liberalismo e delle sinistre radicali, nel Partito Socialista e nel Partito Radicale, si è opposto allo sconfinamento del clero in ogni ambito diverso dalla pura spiritualità. Contrariamente, il clericalismo, rappresentato nel secondo dopo guerra dalla nuova corrente della Democrazia Cristiana, riflesso dell’azione sociale di una Chiesa desiderosa di rappresentanza e di riconoscimento anche in Parlamento, ha sposato l’ingerenza degli ecclesiastici e della loro dottrina nella vita e negli affari dello Stato e della politica in generale.

Così, sotto lo sguardo imponente e pervasivo del Cupolone, vita pubblica e politica italiana sono state condizionate nel loro agire dalle prediche provenienti dal pulpito del clero parrocchiale e della stampa cattolica, nella raccomandazione ai politici di sostenere e tradurre in norme di legge l’emendamento dalla Chiesa sostenuto.

Nel richiamo alla virtù cristiana, la politica è stata infatti condotta al Tribunale per l’Inquisizione o al confessionale per non aver ascoltato la parola del Curato in materia di politiche sull’immigrazione e su temi etici quali l’aborto, la procreazione medicalmente assistita, il testamento biologico e la famiglia di fatto. In un excursus di scissioni presenti tanto nella Chiesa quanto nei partiti, i cui grandi congressi sono stati simili proprio ai concili ecumenici, convochiamo simbolicamente i Guelfi e i Ghibellini che hanno fatto la storia…del resto la parola Chiesa, dal greco ekklesia, significa “convocazione”.

“Noi siamo pronti a proclamare nell’Italia questo gran principio: libera Chiesa in libero Stato”.

Don Luigi Sturzo

Vessillo di battaglia dei Ghibellini è il celebre motivo di Cavour orientato a delimitare le competenze specifiche della Chiesa nel suo magistero ecclesiastico, così da escluderla dalla società civile, dall’istruzione e dalla politica, in un clima di dominio incondizionato dello “Stato soltanto”.

In parallelo, di contraltare a capo dei Guelfi vi è Papa Pio IX, che a seguito della Presa di Roma del 1870, non riconoscendo il Regno d’Italia, tramite il famoso “non expedit”, impose ai cattolici di non partecipare alla vita politica dello stato nazionale.

Tuttavia l’impegno della Chiesa nella società muta nella successione da un Pio ad altri Pii, se si considera che nel 1909 Pio X ha promosso la creazione dell’Unione Elettorale Cattolica Italiana, associazione laicale con il compito di guidare i cattolici italiani nella vita politica, addirittura consentendo che in alcune diocesi i cattolici sostenessero alcuni candidati liberali, mentre Pio XII ha sponsorizzato in occasione delle elezioni a Roma del 1952, la celebrazione di un matrimonio elettorale fra DC ed MSI per evitare che i Comunisti salissero in Campidoglio.

Tale operazione che avrebbe avuto come capolista e uomo simbolo Don Luigi Sturzo, non ha avuto tuttavia seguito a causa del fermo rifiuto di Alcide De Gasperi.

Proprio Don Luigi Sturzo, valoroso luogotenente dei Guelfi, nel gennaio 1919 ha fondato, divenendone segretario politico, il primo partito di cattolici “autonomamente impegnati sul piano del temporale”, ovvero il Partito Popolare Italiano, il quale ha rappresentato il ritorno organizzato dei cattolici italiani alla vita politica attiva, dopo decenni di assenza legati al non expedit. Dopo la stasi del Ventennio il partito cattolico si è ricostituito sotto il nome della Democrazia Cristiana guidata da Alcide De Gasperi, il quale, nello scritto “Le idee ricostruttive della Democrazia Cristiana”, ha tracciato le linee maestre su cui doveva muoversi il nuovo movimento.

Iconica immagine della firma dei Patti Lateranensi (11 febbraio 1929)

Il motto Costantiniano “In hoc signo vinces” sembra corrispondere perfettamente al logo DC, considerato che la Balena Bianca ha vinto le prime elezioni politiche postbelliche nel 1946 come primo partito di maggioranza occupando la carica di presidente del Consiglio dei ministri in modo continuo fino al giugno 1981, data battesimale del governo Spadolini.

Il riferimento al Ventennio ci chiama ad un approfondimento sulla figura di Benito Mussolini, Ghibelliniano di ferro della prima ora, fortemente anticlericale e ateo in gioventù, convinto sostenitore di un programma di “svaticanizzazione” dell’Italia, diretto al sequestro di beni ed all’abolizione di privilegi della Chiesa.

Il Mussolini socialista che in un comizio a Forlì aveva provocato il Divino esclamando “Se Dio esiste gli do due minuti per fulminarmi”, è stato folgorato sulla Via di Roma nel momento in cui è divenuto Duce, una volta accortosi del gran peso sociale e culturale rivestito dalla Chiesa in Italia.

“Roma val bena una messa” ed il Duce al fine di consolidare il proprio potere e di ottenere un più ampio consenso, ha infatti cambiato i suoi iniziali propositi, sottoscrivendo con la Santa Sede i Patti Lateranensi, accordi con cui è stata decretata la nascita dello Stato della Città del Vaticano, riconosciuto come autonomo e indipendente al pari del Regno d’Italia, ed affermata la religione cattolica come “sola religione di Stato”. Inoltre, tramite il Concordato sono state regolate le condizioni della religione e della Chiesa in Italia, nell’attribuzione al clero di una serie di benefici e privilegi in materia matrimoniale, fiscale, educativa e giurisdizionale. É stata pure stipulata una convenzione finanziaria con cui il governo italiano ha versato alla Santa Sede una consistente somma, indennizzo per la conquista della città di Roma avvenuta nel 1870.

La teoria rautiana di uno sfondamento ideologico da destra a sinistra ha simbolicamente trovato credito anche in ottica anticlericale, nel passaggio dal Ghibellino di destra Mussolini ai celebri ghibellini rossi di sinistra Marx e Lenin che hanno indicato la religione rispettivamente come oppio dei popoli e come forma di oppressione spirituale.

In un turbinio storico di cesaropapismi e di papocesarismi, nell’alternarsi di scomuniche come quelle destinate a Garibaldi o a Federico II e di proposte di beatificazioni come per Giorgio La Pira ed Amintore Fanfani, malgrado qualcuno come Gandhi sostenesse che “chi pensa che la religione non debba avere nulla a che fare con la politica non ha capito nulla né della religione né della politica”, campeggia il classico ricorrente motivo “ghibellino” per cui “è bene lasciare a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”.

Portavoci di questa visione sono stati Ronald Reagan secondo cui “La chiesa e lo Stato sono e debbono rimanere separate” e Mario Draghi per cui “il nostro è uno Stato laico non confessionale”.

Aldilà della tradizionale guerra tra fazioni, se, come afferma Sant’Agostino, “la Chiesa è l’umanità riconciliata con Dio”, auspichiamo che politica e Chiesa possano conciliarsi immaginariamente in meeting di comunioni e liberazioni per l’amicizia tra popoli di Giussaniana memoria, in vista di una “Controriforma”, diretta al rinnovamento delle proprie istituzioni e alla ricerca di un punto di convergenza fra esse, che può essere proprio il rafforzamento della reciproca fede.

Del resto fede religiosa e fede politica si assomigliano in quanto a detta rispettivamente di Kierkegaard e di Helen Keller la fede è la più alta passione di un uomo ed ogni fede vien messa alla prova mediante i suoi effetti pratici nella vita.

Ironicamente, speriamo di non essere inseriti nell’indice degli articoli proibiti, dal momento che “è prova di una buona religione se si può fare battute su di essa” (Chesterton dixit).


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