Coronavirus e comunicazione, trionfa il potere delle immagini
Coronavirus e comunicazione, quanto ci sarebbe da scrivere?
Un libro, una collana di libri, forse. Qualcosa abbiamo pubblicato anche noi, provando a tenere il polso della situazione. Eppure, oggi non possiamo affatto esimerci dal sottolineare quali e quanti siano stati gli errori commessi dai vertici istituzionali, che forse non sono ancora ben consci del potere delle immagini.
Alcuni giorni fa abbiamo analizzato la strategia scelta da Giuseppe Conte per informare gli italiani (primo collegamento in calce). Lo abbiamo fatto senza prendere una posizione, ma rimediamo subito.
Il presidente del Consiglio ha voluto dare un messaggio tranquillizzante. Ma non l’ha fatto nel modo giusto. Naturalmente imbeccato dal suo staff, ha commesso a nostro avviso enormi errori di comunicazione.
Parlare dalla Sala Operativa della Protezione civile, tanto per cominciare. Farlo ostentando maglioncino e camicia, giusto per proseguire. Mescolare presenzialismo e salti mortali carpiati da un programma all’altro, solo per concludere.
Il combinato disposto tra questi tre elementi ha concorso a dare una direzione definita al rapporto tra Coronavirus e comunicazione e portare un bel po’ di panico nella popolazione.
Perché? Perché il potere delle immagini è enorme, più di quanto immaginiamo.
Siamo abituati a vedere la Sala Operativa della Protezione civile solo – ed è accaduto in passato – in caso di gravissime calamità, come i terremoti. La colleghiamo automaticamente alle peggiori emergenze. Vederla approntata per parlare di Coronavirus (la cui serietà, sia chiaro, non è in dubbio), altrettanto automaticamente, crea angoscia, ansia e paura.
Idem per l’abbigliamento scelto. Per uno che si mostra perennemente in abito su misura e cravatte di Marinella, il maglioncino e la camicia sono un’immagine iconica. Rappresentano l’operatività, lo sporcarsi le mani, il “c’è da lavorare”. “Se persino io cambio outfit, pensate in che situazione siamo”.
Per non parlare del disorientamento da canali di comunicazione: da un programma all’altro, da un tg all’altro. Sempre in maglioncino e camicia, sempre a restituire la stessa immagine.
Dal presidente del Consiglio al suo nuovo avversario. Quell’Attilio Fontana che da governatore della Lombardia ha aspramente polemizzato con Conte, fino ad abbandonare la videoconferenza con tutti i suoi colleghi. Fontana si è reso protagonista di un gesto che persino il New Yorker ha ripreso, a testimonianza, anche qui, dell’enorme potere che hanno le immagini.
Nel comunicare la positività di un membro del suo staff, ha indossato la mascherina, cioè l’oggetto che sta al Covid-19 come la mela morsicata sta a Apple. Un’azione, quella dell’inquilino del Pirellone, che anche alcuni parlamentari avevano inteso fare, e che è diventata anch’essa iconica in un nanosecondo.
Andava fatto? Probabilmente sì, ma altrettanto probabilmente non a favore di telecamera.
Le immagini sono il tritolo della comunicazione, hanno un impatto fortissimo sull’utenza. Abusarne, specie nella gestione di un’emergenza, vuol dire sovraccaricare i messaggi e le reazioni di che ne fruisce.
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