Lega e M5S, migliori amici e peggiori nemici (per scelta)
Lega e M5S proseguono la loro lotta interna al governo.
Se i toni alti sembravano una eccezione dovuta alla campagna elettorale per le Europee di maggio, la realtà dice che non è così. La battaglia continua, sui fronti più disparati.
Autonomia differenziata, decreto sicurezza bis, riforma della Giustizia. E’ paradossale – ma vero – quello che si ascolta e si legge. Un partito ce l’ha ferocemente con l’altro, lo addita come ostacolo al cambiamento.
Sembra come fossero uno all’opposizione dell’altro, e invece sono al governo insieme. In tutto ciò, non si fa più minimo cenno al contratto di governo e anzi si naviga a vista.
Quanto è reale questa guerra e quanto, invece, costruita? Quanto è vera e quanto, invece, fa comodo a entrambe le formazioni?
Lo abbiamo scritto anche nel pezzo sul “quell’altro là” di Di Maio (leggi qui): c’è sempre da stare attenti a quello che si dice in politica. Ormai tutto si basa su calcoli di tipo comunicativo, a maggior ragione quando si tratta di Lega e M5S.
Sul tema, un partito può essere più capace dell’altro, ma il punto di partenza è lo stesso. Esempio pratico: da settimane a questa parte, chi è il bersaglio numero uno dei pentastellati? E chi il bersaglio numero uno dei leghisti?
Va senza dire, gli uni sono nel mirino degli altri. E la cosa può non essere casuale. Bensì voluta, in virtù sempre di quella strategia del nemico di cui abbiamo parlato pochi giorni fa.
Potremmo essere smentiti in poche ore: il M5S deve tenere quei consensi che è riuscito a non depauperare, la Lega prima o poi passerà all’incasso. Ma i due partiti sembrano aver trovato un equilibrio. I numeri dei sondaggi, che attribuiscono al governo un gradimento della popolazione di oltre il 55%, sarebbero “autofinanziati”.
Sarebbero cioè frutto di uno scontro tra Lega e M5S di cui gli italiani sembrano non essere stanchi.
In sostanza, i due partiti hanno basi oggettive di distinzione per attaccarsi. Ma aver trovato nell’alleato di governo il nemico da caricare a testa bassa per fondare il continuo richiamo all’unità interna e al rafforzamento della propria identità può essere visto molto positivamente dai rispettivi bacini elettorali.
In più di un’occasione, il collega Alessio Postiglione, stimato esperto di comunicazione politica (leggi qui l’intervista che ci ha concesso), lo ha definito “esecutivo delle divergenze parellele”.
Molti la ritengono una farsa, una sceneggiata lombardo-partenopea per conservare una posizione di potere e evitare di consegnarsi all’oblio. In realtà è solo strategia politica, e in questo campo tutto è ammesso (o quasi).
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