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Informazione, coronavirus e paura: qual è la relazione?

28/02/2020

Informazione, coronavirus e paura: qual è la relazione?

Informazione, coronavirus e paura: retromarcia innestata.

A guardare le prime pagine di ieri, sembra che molte testate abbiano infatti tirato un po’ il freno a mano, dopo aver nei giorni scorsi premuto sull’acceleratore della paura.

Tra scaffali vuoti, contagi reali o presunti, decessi e cordoni nei luoghi del focolaio, i media hanno dato un bel po’ di foraggio alla bestia dell’allarmismo. Il tutto anche considerando, come ha ben evidenziato l’amico Michele Zizza (collegamento in calce), che manca un protocollo di informazione da applicare alle emergenze.

Ma qual è il rapporto che nasce, la scintilla che scocca tra informazione e paura?

Nel nostro caso, qual è il nesso tra informazione, coronavirus e paura?

Abbiamo aperto il taccuino a uno tra i maggiori conoscitori del settore, la psicologa Letizia Ciancio, esperta di comunicazione.

“Come sempre avviene in questi casi, il tema è quello della dissonanza cognitiva, afferma la Ciancio. Troppa informazione disponibile, troppa facilità di reperirla e poco tempo per vederla tutta. La ‘sovrainformazione’ finisce per disinformare e per creare una mancanza di capacità di stabilire un nesso tra causa ed effetto degli eventi. Che è, appunto, la dissonanza cognitiva”.

Letizia Ciancio nel corso di uno dei suoi frequenti interventi da relatore

E allora che si fa? “Bisognerebbe imparare un’abilità fondamentale: quella di selezionare le notizie che ci interessano, mantenendo inalterato l’altro fattore, cioè quello dell’autorevolezza e veridicità delle fonti. Insomma, saper perimetrare un obiettivo e saper scegliere cosa leggere sulla base di questo.

A partire da ieri, sembra che l’urlo mediatico alla paura si sia affievolito. Ma perché si arriva a questo? “Perché a fare la differenza è la scelta di ciò che mostro e di ciò che non mostro, di ciò che pubblico e di ciò che non pubblico.In questo, urge buonsenso e moderazione”.

Il riferimento è all’assalto agli scaffali nei supermercati di Milano (con le penne lisce misteriosamente graziate dalla razzia). “Esattamente. Si tratta di un meccanismo mentale che fa leva sulla tendenza umana a preferire il male. Il male deresponsabilizza l’individuo, che inconsciamente lo rincorre”.

“Ognuno di noi dovrebbe capire quello che realmente gli serve capire per tenere maggiormente sotto controllo la propria vita. Pensiamo alla minaccia di una crisi finanziaria. Se una persona si fionda in banca a ritirare i propri risparmi, le altre la seguiranno a ruota e la crisi arriverà davvero.

Si chiama profezia autoavverante. E nel caso del coronavirus e, ad esempio, dei supermercati svuotati è accaduto esattamente così(si veda il secondo collegamento in calce).

In tutto questo, determinante è la responsabilità di chi fa informazione. “Certo, questo è basilare. Chi fa informazione diventa la fonte per chi si informa. E in quanto tale, deve farlo con senso di responsabilità, perché la comunicazione – conclude Letizia Ciancio – costruisce la realtà intorno a noi”.

  • Qui i nostri pezzi sul tema delle fake news, anche nel rapporto tra informazione, coronavirus e paura
  • Per l’analisi di Datamediahub sulla copertura dei media sull’argomento coronavirus vai qui
  • Sulla necessità di un protocollo per l’informazione in periodi di crisi vai qui

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