Comunicazione (è) Politica

49 la censura: social, politica e filtri preventivi

06/07/2019

49 la censura: social, politica e filtri preventivi

49 la censura. Non stiamo parlando della Smorfia napoletana, anche perché rimanderebbe a ‘o piezz’e carn.

Stiamo parlando di quella che tutti hanno definito “censura preventiva” in ambito di comunicazione politica sui social. Il fatto della settimana è avvenuto sulla pagina Fb di Matteo Salvini, dove da un certo momento è diventato impossibile scrivere alcune parole e alcuni numeri.

Tra essi, il 49, appunto. Troppo imbarazzante per la propaganda salviniana il rimando ai 49 milioni che la Lega dovrà restituire allo Stato in parecchie e comode rate.

Ma non solo: esclusi anche i termini “Berlusconi”, “Belsito”, “Siri”, “Trota”, “Legnano”, “Tanzania”, che rievocano situazioni politiche e giudiziarie non proprio agevoli e piacevoli per il Carroccio.

Il “dispositivo” blocca automaticamente chi prova a commentare utilizzando queste parole.

Una pratica che non deve stupire, considerando l’altissimo valore che la truppa della comunicazione di Salvini (e Salvini stesso) attribuisce allo strumento social, in particolare a Fb (qui la sua pagina).

Si cerca quindi non di indirizzare la discussione su determinati temi, ma di escluderne alcuni, come fosse una sorta di camera d’eco (per vedere cos’è, leggi qui) o di agenda setting, ma dalla dinamica opposta.

Il test effettuato da Mantellini sulla pagina Fb di Salvini

Chiunque abbia un minimo di dimestichezza con i social sa che il processo per stabilire le parole da escludere dalla discussione è molto semplice. Impostazioni generali –> Moderazione della pagina. Qui, si possono inserire i termini indesiderati, separati da una virgola, e via, verranno da quel momento considerati spam.

Naturalmente, fatta la legge, trovato l’inganno. Se 49, la censura, Siri e Berlusconi sono termini indesiderati, si possono bypassare scrivendo “48+1”, “50-1” eccetera. Oppure, per i nomi, sbagliando – di proposito, naturalmente – alcune lettere, che lasciano però comprensibile il riferimento.

Lo ha provato l’esperto di tecnologia Massimo Mantellini.

Il parallelo con Trump

Non sussistendo un vero e proprio elenco di parole bloccate, si va per tentativi, per capire quali siano i filtri impostati dalla pagina. Un caso analogo è accaduto negli Stati Uniti con il Presidente Trump, il quale ha bloccato direttamente alcuni profili critici nei suoi confronti.

Il fatto è arrivato in tribunale. Un giudice di New York ha stabilito che il suo profilo non sia personale, ma pubblico, e in quanto tale non possa bloccare altri utenti. L’azione, difatti, violerebbe il First Amendment Usa – libertà di religione, parola, espressione: quindi, divieto di censura.


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