Comunicazione politica, gli italiani puniscono i partiti storici
Comunicazione politica mai così tanto sulla bocca degli italiani.
Ci rifacciamo sempre ai risultati contenuti nel volume “L’Italia che comunica in digitale – edizione 2019” (Bonanno editore), dell’Osservatorio nazionale sulla comunicazione digitale (PA Social – Istituto Piepoli).
Il volume è curato da Livio Gigliuto e contiene numerosi contenuti di professionisti e del Comitato Scientifico dell’Osservatorio.
Restituisce dati emblematici anche sul tema, appunto, della comunicazione politica.
Con qualche punta di disorientamento che, si potrebbe dire, sfocia nel controsenso. Non è il caso della prima domanda: “Quanto le piace come la politica comunica su web e social?”. Quasi due su tre – 62 per cento – rispondono “poco/per nulla”, il 30 per cento “molto/abbastanza” (ma poi la seguono tutti).
Si tratta di un esempio di distinzione tra “Auditel e Qualitel”. “Cioè la quantità di attenzione che si rivolge alla politica sui social network e quanto poi questa comunicazione viene percepita come soddisfacente”, afferma Gigliuto.
È invece il caso del secondo quesito, che riguarda un fattore super-discusso nella comunicazione politica: il privato dei leader.
Tre italiani su quattro preferirebbero che la comunicazione riguardasse solo la parte relativa all’attività pubblica. Il 13 per cento gradisce elementi di vita privata.
Dati che naturalmente fanno a pugni con la realtà. Un tempo fu la Nutella o la figlia di Salvini. Da allora, tutti ci parlano di allenamenti, maratone, birre con gli amici, figli a scuola.
Una sovraesposizione, un’abbondanza e ridondanza di informazioni ritenute inutili che probabilmente ha portato a un contraccolpo dell’opinione pubblica. Che ora, infatti, preferisce mera comunicazione delle attività pubbliche. Ma qui il confine con la comunicazione istituzionale è piuttosto labile.
L’ultima delle tre domande è, più delle altre, quella che lascia un senso di smarrimento. “Quale, tra i partiti politici, comunica meglio su social e web?”. Lega prima, M5S secondo a un’incollatura, poi gli altri, staccatissimi. Ma non è questo il dato che interessa.
C’è quasi la metà del campione (44 per cento) che sceglie di non rispondere perché “non sa”. Qui si potrebbe aprire un mondo. Innanzitutto, i risultati su cui ci siamo soffermati ieri (qui) indicano che il 77 per cento degli italiani dice di utilizzare i social più volte al giorno.
Dunque, com’è possibile che la metà degli intervistati non sappia rispondere a una domanda del genere? Eppure siamo tutti bombardati, da mattina a sera.
La risposta non può che risiedere nella qualità della comunicazione politica.
Soffermiamoci sul dato dei partiti discendenti di quelli della Prima Repubblica. Pd e Fratelli d’Italia raggiungono – insieme – il 6 per cento. Includendo anche Italia Viva, una costola del Pd, arriviamo al 9. Con Forza Italia addirittura tocchiamo il 12.
Il fattore, che colpisce come un pugno, è la sostanziale inadeguatezza della comunicazione politica dei partiti. Sia di quelli tradizionali – storicamente radicati sul territorio nazionale e organizzati in sezioni – che di quelli relativamente più recenti (vedi Forza Italia) e addirittura neonati, come Italia Viva.
In sostanza, chi è riuscito a salire sul treno digitale e ha saputo cavalcare l’onda, ha individuato e ampliato il proprio target e ingrandito la propria attività sui social. Gli altri sono rimasti al palo.
Ma questo è un tema che merita adeguato approfondimento.
- Qui puoi scaricare il rapporto di Istituto Piepoli per l’Osservatorio Nazionale sulla Comunicazione Digitale
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