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Rousseau, la democrazia compressa non inizia col M5S

04/09/2019

Rousseau, la democrazia compressa non inizia col M5S

Rousseau si è presa la scena con il voto di ieri sull’esecutivo che sta nascendo.

Per tutti, la votazione online sulla piattaforma del MoVimento 5 Stelle è stata la sconfitta della democrazia. “Bisogna votare alle urne!”, dicevano di qua. “Non possiamo sottomettere il destino del Paese a poche decine di migliaia di elettori”, ribattevano di là.

Molti hanno poi ricordato la vulnerabilità e la scarsa attendibilità di Rousseau, non a caso multata dall’Agcom.

Probabile che sia tutto vero. Anche – aggiungiamo – per una questione meramente istituzionale. A incarico conferito, consultazioni avvenute e accordo trovato, può il presidente della Repubblica attendere l’esito della consultazione? Per molti no, come detto. Per i pentastellati sì.

La verità vera, che in tanti però non dicono, è che la compressione della democrazia non nasce nel M5S e non si sviluppa con la piattaforma, attiva peraltro dal 2016.

Qualcuno vuol far credere che all’interno di Forza Italia ci sia un sano, autentico percorso democratico di nascita e condivisione delle proposte? Eppure non c’è nessun Rousseau tinto d’azzurro. E neanche nessun congresso per eleggere la classe dirigente.

Da che Forza Italia è Forza Italia, a decidere è stata sempre una sola persona. Non a caso, sono in tantissimi ora a fuggire come una mandria di buoi dalla stalla.

Un simpatico fotomontaggio che gira in rete: Rousseau a colloquio col presidente Mattarella

E la Lega? Chi decide nella Lega? Beh, se qualcuno avesse dei dubbi, gli basterebbe riavvolgere il nastro a una ventina di giorni fa e riprendere le dichiarazioni di Giancarlo Giorgetti.

Sull’harakiri di Salvini, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nel governo gialloverde ha infatti dichiarato: Da noi non c’è democrazia. Non c’è dibattito. Scegliamo il capo e il capo decide (leggi qui).

M5S e Rousseau, Forza Italia e il dominus, Lega e il capo. “E allora il Pd?”. Giusto, il Pd. L’abbiamo lasciato alla fine. Dulcis in fundo.

Il Pd è quel partito che chiama a raccolta il proprio popolo – non 76mila persone come ieri, bensì oltre 2 milioni – per votare alle primarie, con qualche anomalia d’ordinanza.

Lo chiama a scegliere tra diverse ricette per guidare il partito, tutte però con un denominatore comune. “Mai col M5S”. Il segretario lo ha detto fino a poche settimane fa, urbi et orbi, con la mano sul cuore e il sudore sulla fronte. Domattina alle 10 giureranno. Pd e M5S.

E allora, pensiamoci bene. Qual è la più grande azione di compressione della democrazia?

Siamo sicuri che Rousseau – al netto della sua gestione privata – sia davvero il peggior attacco alla democrazia che la politica italiana ha presentato in questi mesi? O è solo il più ingenuo e scanzonato?


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