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Proposta Marattin, Santoro: Cambi la cultura, non le leggi

30/10/2019

Proposta Marattin, Santoro: Cambi la cultura, non le leggi

Proposta Marattin al centro del dibattito sull’utilizzo dei social.

Il deputato di Italia Viva ha avanzato l’idea di legare l’iscrizione a un social network a un documento d’identità

L’obiettivo della proposta Marattin è quello di prevenire e arginare gli attacchi anonimi attraverso le piattaforme social.

La proposta lanciata via Twitter da Marattin

Sul tema abbiamo ascoltato il parere di uno dei maggiori esperti italiani di marketing e comunicazione: Pier Luca Santoro, project manager e numero uno di Data Media Hub (qui il sito).

  • Pier Luca, l’idea dell’onorevole Marattin ha spaccato l’uditorio di utenti ed esperti. Hai pubblicato un’infografica (in basso) in cui spieghi che la maggior parte dell’utenza è contraria, e tu stesso ti sei subito schierato contro. Come mai?

“La trovo una proposta del tutto insensata. Il discorso riguarda quattro prospettive. Innanzitutto, quella legale. La giurisprudenza è ricca a riguardo, leggi che consentono di rivalersi qualora qualcuno si senta diffamato già ce ne sono. Non vedo la necessità di inventarne di nuove, anche perché l’Italia è piena di migliaia di leggi”.

Pier Luca Santoro, fondatore e numero uno di Data media Hub
  • Quali sono le altre prospettive cui hai fatto cenno?

“Qualunque sia il nome che io scelgo per il mio account, sono sempre associabile a un indirizzo IP. Per cui, in maniera più o meno complessa, ma neanche tanto, sono assolutamente identificabile. La proposta è insensata perché non c’è un vuoto né tecnologico, né normativo, da colmare”. 

  • L’idea, però, mette al centro la tutela dall’anonimato. 

“Anche questo è u altro aspetto importante. Però mi soffermerei sulla tutela non dall’anonimato, bensì sulla tutela dell’anonimato. Si tratta di un principio previsto dall’Onu e da tutta una serie di organismi internazionali che si sono dichiarati favorevoli a garantire la libertà di espressione“.

  • Manca l’ultimo aspetto.

“Che le leggi ci siano o non ci siano, che siano belle o che siano brutte, il problema non è legislativo. Anche perché, come sappiamo, il 99 per cento degli utenti ci mette la faccia: sia chi dice “Viva Mussolini”, sia chi scrive “Viva Stalin”, sia chi dice tutto quello che passa tra questi due concetti”.

  • Quindi, il problema che radice ha?

Culturale e di mentalità, senza dubbio. Bisogna lavorare molto sugli aspetti culturali della vicenda, in maniera trasversale e su tutte le età. C’è proprio un problema di cultura e forse anche psicologico, perché magari in tanti non si rendono conto che uno schermo altera la percezione delle cose. È su questo che bisogna andare a lavorare, non sulle norme. Sulla cultura e sulla mentalità, non sulle leggi”.

L’infografica di Pier Luca Santoro sulle reazioni della rete alla proposta Marattin
  • Hai citato il 99 per cento degli utenti. Il restante 1 per cento – molesto, fastidioso e anonimo -, come si argina?

“Credo che la Polizia Postale debba essere dotata di maggiori risorse e strumenti più adeguati”. 

  • Quindi per te il problema va risolto prim’ancora che si presenti.

“Esatto. Come propone il neo-ministro Pisano, sarebbe necessario un tavolo tra pubblico e privato per improntare un programma serio sul tema. Anche perché, a parte il tentativo di Riccardo Luna, “Digital Champion”, fallito per cause esterne, non è che siano state fatte grandi cose.

Sembra che ora Tim stia mettendo in piedi un progetto volto a questo fine, che però si ferma in poco più di cento località italiane in un anno. Bene, ma non basta“. 

  • Dunque, come deve esplicarsi quell’azione culturale di cui parli? 

“Il cambio di cultura e di mentalità viene prima di ogni altra cosa. È la base. Si continua a non tenere presente che la rete è fatta di persone, altrimenti sarebbe una scatola vuota. Perciò va fatta un’azione nelle scuole, nei comuni, nella collettività, per spiegare alle persone l’importanza del tema.

Nel mio piccolo, ho offerto alcune serate al mio comune e ho appunto spiegato l’argomento, ma l’attività non può che essere strutturata e capillare“.


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