Christchurch, la follia e le falle dei social
Le immagini sono un po’ sfocate, perché sono dei fotogrammi del video.
La strage di Christchurch, in Nuova Zelanda, è follia allo stato puro, come tutte le stragi dovunque provengano.
Oltre che l’assurdità del fatto in sé, non può non saltare all’occhio l’utilizzo lucido e spietato della diretta Facebook e del caricamento del video si YouTube (che l’ha lasciato on line per un po’ con la sola avvertenza di “contenuto sensibile”), poi ripreso da testate che l’hanno mandato in onda.
Il massimo a cui siamo abituati è il politico, volendo esagerare qualche amico che immortala una nevicata live.
La scelta di una Go-pro sul casco per mediatizzare la barbarie che si stava per compiere segna invece un punto di svolta in relazione alla fruizione di uno strumento che potrebbe essere utilizzato per far conoscere luoghi del mondo inesplorati, meraviglie, particolarità.
Si è deciso di utilizzarlo per mandare in onda la morte. La carneficina. Col rischio concreto di scatenare un effetto-emulazione fuori controllo.
Un dato però è certo. Sui social c’è di tutto, compreso qualche matto che fa una scelta simile.
E’ in quel momento, però, che dai social stessi ci aspetteremmo forse un maggiore controllo sui contenuti.