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Newsmaking, ovvero come mutano i criteri di notiziabilità

19/06/2019

Newsmaking, ovvero come mutano i criteri di notiziabilità

“Newsmaking” è una delle parole chiave della comunicazione di oggi.

La matrice anglosassone della parola porta al significato di “costruzione di notizie”.

Proprio così, perché in alcune branche del giornalismo di oggi – ma in generale, per l’appunto, nella comunicazione – le notizie non si scovano, non si sviluppano. Si costruiscono. Le producono, appunto.

La notizia, nella società dove tutto si consuma, è ormai un prodotto, un bene di consumo. Un po’ è sempre stato così, considerata la doppia natura dei giornali: prodotti industriali, da un lato, strumenti di formazione dell’opinione pubblica, dall’altro.

Nella moderna società media-orientata, la realizzazione della notizia si allontana sempre più da quei criteri di notiziabilità che si imparano sui libri. Da novità, vicinanza del fatto, comunicabilità, conflittualità, drammaticità, prestigio sociale, human interest, ci si avvicina a un altro parametro: i desiderata del pubblico.

Ciò comporta la nascita di vere e proprie storie, narrazioni. Di un filone che va sotto il nome di storytelling. Lo vedremo meglio nei prossimi giorni e lo tratteremo nel nostro percorso Velocità Media Élite.

Il valore-notizia di oggi, l’unico, è il gusto del fruitore: si cerca cioè di produrre una notizia che soddisfi le attese di chi ne fruirà. Un meccanismo cresciuto grazie ai social e basato su una strategia di marketing che vede come pietra angolare proprio le attese del pubblico.

Secondo alcuni, più che orientare l’opinione pubblica, il newsmaking si farebbe orientare da essa. Naturalmente, questo vale per tutti i settori, compresa la politica (o forse soprattutto).

Ciò causa una distorsione a livello comunicativo, ravvisabile in una omologazione dell’informazione, laddove invece la peculiarità dovrebbe essere il valore opposto, cioè la differenziazione.

Elementi che, sulla base della celebre Teoria dell’Agenda Setting (McCombs-Shaw, 1972), portano gli utenti a parlare delle notizie che i media propongono. Non di altro.

Di conseguenza, anche l’agenda politica e il relativo newsmaking saranno orientati sugli stessi temi.

Tuttavia, ciò può essere scarsamente vero quando la politica esercita il controllo sulle fonti d’informazione. Si pensi alla Rai (collegamento in basso) o a Mediaset. Ma più in generale, il condizionamento esterno può arrivare anche, ad esempio, da uno sponsor, da un gruppo di pressione, da una lobby.

L’Agenda Setting, per paradosso, assolve anche una funzione sociale. Porta cioè l’utente a sentirsi in grado di affrontare “i temi di cui tutti parlano”, proprio perché sono quelli proposti dai media.


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    3 comments
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