“Fate presto”: come nasce un titolo che fa la storia
“Fate presto”, due parole legate indissolubilmente alla tragedia di quarant’anni fa.
Il titolo che campeggiava a tutta pagina su Il Mattino di mercoledì 26 novembre 1980 è uno dei simboli del terremoto di tre giorni prima.
Dalle sette e mezza del pomeriggio della domenica precedente, sono mobilitati tutti. Forze dell’ordine, soccorsi (del tutto improvvisati), civili scampati alla furia. Tutti. Anche i giornalisti, naturalmente. Il Mattino invia sul territorio uno squadrone di cinquantatrè collaboratori, che contribuiscono in maniera determinante a tenere il conto macabro dei vivi e dei morti. E sono proprio i giornalisti a far percepire il reale livello di distruzione, di devastazione provocato dai novanta secondi che hanno stirato l’Italia Centro-Meridionale.
Ai colleghi, che giungono in molti paesi arrivano prima dei mezzi di soccorso, arrivano segnalazioni di ogni tipo: pericolo sciacalli, pericolo epidemie, pericolo fame. Presenza di persone vive sotto le macerie a quarantott’ore dal sisma, la cui salvezza è messa però in pericolo dalla lentezza estrema dei soccorsi stessi.
In via Chiatamone, intanto, il 25 novembre va in scena la riunione di redazione. Roberto Ciuni, il direttore, appunta su un taccuino il titolo che vorrebbe fare per il giorno successivo. Poi si confronta con Pietro Gargano, che aveva il compito di raccogliere le notizie e concordare gli articoli. Gargano suggerisce “fare presto”.
Ciuni alza il taccuino e mostra il suo appunto: “Fate presto”.
Rabbia civile, ma fortissima. Il Mattino aveva noleggiato un aereo che, sorvolando i luoghi del cratere, aveva restituito la reale devastazione di quei territori.
A completare il titolo, il catenaccio stabilito con Carlo Franco, inviato sul posto e autore del pezzo di apertura.
Due parole che evidentemente erano destinate a diventare un titolo. Quello che non si sapeva è che sarebbero diventate storia. “Fate presto”, ripreso addirittura da Andy Warhol in una delle sue opere di Pop-Art, è uno dei titoli più iconici, più simbolici della Storia del giornalismo.
É il condensato supremo di ciò che la professione richiede: sintesi, impatto visivo (tutto maiuscolo) e senso concreto del significato.