La Meloni in Emilia Romagna: tre ragioni di un successo comunicativo
La Meloni in Emilia Romagna è un nuovo scenario della comunicazione politica digitale.
Nella visita di lunedì scorso c’è veramente tanto – praticamente tutto – di quello che lei, da tempo, ha scelto di fare e di essere. Sia nella fase di preparazione che nel corso della visita stessa, risaltano diversi frame.
– LA COSCIENZA. Partiamo da Hiroshima, quindi dalla fase di preparazione. Durante una conferenza del G7, Giorgia Meloni si appella alla propria coscienza, che le suggerisce di tornare in Italia. “Non riesco a stare ancora lontana dal mio Paese in un momento come questo”. La voce interiore che ti guida verso casa fa parte di quelle caratteristiche che si leggerebbero accanto a una ipotetica voce “Patriota”. Il misticismo, unito al pragmatismo, è una peculiarità da sempre presente nella retorica politica di destra, così come nella letteratura di riferimento (qui si può pensare alle scelte comunicative di Atreju).
– IL CORPO DEL LEADER. Se è vero in generale, lo è ancor di più in questa circostanza. La visione del corpo del leader assume una funzione mediale tutt’altro che secondaria. É un elemento dirimente nel rapporto tra leader e seguaci (se parliamo di comunicazione politico-elettorale) o tra leader e cittadini (comunicazione istituzionale).

La Meloni in Emilia Romagna è un capo che si mischia ai suoi cittadini, infilando un paio di stivali e sporcandosi le mani. É un presidente del Consiglio senza scorta e senza collaboratori, che si presta all’estemporaneità – e perciò anche al rischio – di dialoghi improvvisati.
– IL NEOREALISMO 4.0. Questo è, non soltanto a mio parere, il vero grimaldello che scardina le liturgie istituzionali classiche. Fin dall’atterraggio a Forlì, per divieto esplicito, i giornalisti non possono seguire il presidente del Consiglio. Gli scopi sono evidenti. Innanzitutto, l’assenza della stampa (e l’assenza del successivo rimbalzo di immagini “in favore di telecamera”) permette che la circostanza non si trasformi in una passerella. Non solo. Il particolare fondamentale nella costruzione di questa narrazione è l’inevitabile conseguenza di questa scelta. A realizzare e diffondere le immagini sono i cittadini stessi, autori e al contempo attori di questa improvvisa e inattesa visita. Una sorta, appunto, di Neorealismo 4.0 che sa far sentire le persone centrali nel racconto di sé stesse del loro dramma.
Insomma, contrariamente a quanto avvenuto a Cutro, la Meloni in Emilia Romagna mette a segno una mossa abilissima. Una mossa che porta la comunicazione politica digitale un livello più in alto.
(Sul tema, consiglio la lettura di quest’analisi di Daniele Chieffi)