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Jonathan Galindo, ovvero la Waterloo del giornalismo

02/10/2020

Jonathan Galindo, ovvero la Waterloo del giornalismo

Jonathan Galindo forse è un gioco. Forse.

Chi ci segue con assiduità sa che non amiamo cavalcare i tormentoni del momento, specie quando parlarne è addirittura controproducente.

Tuttavia, prima di essere un gioco, Jonathan Galindo è l’appiglio. Il pretesto. La scusa che certi giornali e giornalisti, alla ricerca più del fatto pruriginoso che del fatto notiziabile.

Abbiamo letto da tante testate, praticamente tutta, anche quelle più gloriose e blasonate, che un ragazzino di 11 anni si è lanciato nel vuoto proprio perché questo atto insano farebbe parte del gioco. Non abbiamo aggiunto, infatti, che si tratterebbe di un tragico gioco.

Il condizionale è d’obbligo, anche se i giornali che hanno riportato il fatto hanno legato a filo doppio quest’ultimo con la challenge. Un modo per ammantare il fatto di mistero e avere campo libero per scrivere qualunque cosa o quasi. Con l’unico risultato concreto di mancare di rispetto alla famiglia del bambino, che infatti poi ha chiesto il silenzio.

A partire dalle maggiori testate generaliste italiane scendendo fino a quelle locali, praticamente tutti hanno dato risalto a questa tragedia.

E tutti hanno parlato di bigliettini in cui si faceva cenno all’“uomo col cappuccio”, “l’uomo nero” e via dicendo. A Jonathan Galindo, appunto.

La prima di ieri de Il Riformista

A dire il vero, in questa nostra analisi si è distinto Il Riformista. Il quotidiano si è ostinatamente rifiutato non solo di parlare del legame tra il suicidio e il gioco, ma addirittura di dare la notizia della morte. Sappiamo che i suicidi sono notizie di una delicatezza estrema, per chi fa il nostro lavoro. Richiedono, perciò, tatto, sensibilità e lucidità nel capire se pubblicarle o meno.

Lode quindi alla testata di Sansonetti e a chi materialmente, all’interno della redazione web e cartacea, ha deciso di lasciarla al dolore della famiglia, evitando di spettacolarizzarla in maniera indegna.

Nella giornata di ieri, proprio Il Riformista ha poi pubblicato un bellissimo pezzo¹, documentatissimo, di cui consiglio caldamente la lettura. All’interno, viene riportata l’analisi di Livio Varriale, giornalista esperto di fenomeni oscuri della rete e di crimini informatici, che opera un vero e proprio fact checking.

E, alla fine, si capisce quanto avventati, offensivi e privi di etica siano stati quei pezzi sulla tragedia. D’altronde, se Il Riformista si sta ampiamente affermando sul panorama mediatico per numeri e credibilità, è anche per scelte come questa.

¹Qui il pezzo ieri su Il Riformista.


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