Ammutinamento a Napoli: e la Comunicazione dov’è?
Ammutinamento, tradimento, insubordinazione.
A Napoli c’è naturalmente fermento – eufemismo – per tutto quanto è accaduto e sta accadendo da martedì notte in poi. Società, allenatore, giocatori e tifosi – che sul Golfo hanno sempre una parte importante, vista la passione che ci mettono.
Sul proscenio della pièce teatrale “L’ammutinamento”, quindi, ci sono tutti gli attori. Tutti tranne uno. La Comunicazione del Calcio Napoli.
Non che questa rappresenti una grande novità. Anzi, chi ha sempre le antenne ben dritte sulle tematiche della comunicazione, non può non aver notato questa mancanza.
E, d’altro canto, non può neanche essersene stupito, considerato che la Comunicazione del Calcio Napoli, unita alla parte Stampa, è stata ed è criticata per molteplici ragioni. Si tratta di un’attività svolta sempre in maniera un po’ sui generis.
La realtà dice che anche in questa storia assurda e surreale, l’Ufficio Comunicazione di una società così gloriosa e blasonata ha marcato visita. Sparito, forse in vacanza.
L’unico strumento a cui si era fatto ricorso è stato il silenzio stampa, subito dopo la gara di Champions League e subito dopo l’avvenuto ammutinamento. E si può anche capire: un giocatore pizzicato con domande provocatorie e “stimolanti”, magari risponde e fa il patatrac.
Per il resto, rifiuto scientifico e pianificato a intervenire. Anche i due comunicati diramati, infatti, di istituzionale non hanno nulla. Hanno un sapore autoassolutorio (responsabilità dei futuri ritiri affidata al tecnico), più che di reale contributo a placare gli animi e mettere fine a una buffonata senza pari.
Un’autocensura, dunque. Una scelta di rinchiudersi in una spirale del silenzio che però ha sortito l’effetto contrario. Anche perché, l’ABC della Gestione di crisi si riduce a una raccomandazione: non stare in silenzio e non permettere che siano gli altri a parlare per te.
In questo caso, appunto, non parla la società e si scatenano gli altri. Dunque, via alla diffusione di fantomatici audio via WhatsApp, di altrettanto fantomatici “ben informati”.
Evitando di far nascere – prima – e di intromettersi – poi – in questo flusso incontrollato di notizie, l’Ufficio Comunicazione ha reso incontrollabile e ha trascurato – colpa gravissima – di mettere alcuni punti fermi alla vicenda.
Ricostruzioni più o meno fantasiose, con lavagne, giocatori, allenatori, viceallenatori, magazzinieri e vicepresidenti (che a Napoli fa rima con “figli di presidenti”) lasciati in balìa dei “si dice”. Un allenamento a porte aperte confermato per lanciare tutti nella mischia e darli in pasto al tifo inviperito.
Molti la definiscono “società padronale”, dove “non si muove foglia che il presidente non voglia”. E in questa sua diabolica e vendicativa contromossa, a pagare (per immagine e portafoglio) non sono soltanto i giocatori: è anche il nome di un club, che a Napoli più che altrove è un tutt’uno con la città.
E si tratta di un’autorete clamorosa.
Ma è il giusto premio per il lavoro di un’Area Comunicazione che neanche in Terza Categoria.
- Vai qui per il pezzo degli scorsi mesi sulla comunicazione e il marketing del Napoli applicati al calcio