Innovazione e legge 151: PA Social e la signora Maria
Innovazione e legge 151. PA Social conferma il primato su questi temi.
Se n’è parlato abbondantemente e con concretezza nel corso dell’assemblea nazionale di ieri, a Roma. Centinaia di comunicatori da tutt’Italia hanno invaso Binario F, gli spazi di Facebook Italia nel complesso della Stazione Termini.
Oltre al piacere di incontrarsi, il desiderio e la necessità di aggiornarsi sui rispettivi impegni, lavori, attività. Fare rete è da tempo la formula del futuro, e PA Social l’ha fatta propria associandola ad altri due concetti: innovazione e formazione.
Tutta la giornata, aperta dalla relazione del presidente Francesco Di Costanzo, si è sviluppata lungo queste tre direttrici.
Che conducono a un tema di cui l’associazione si fa da sempre portabandiera: l’approvazione di una legge che riconosca e tuteli la figura del comunicatore, pubblico o privato.
Su questo argomento ha relazionato Sergio Talamo, giornalista, docente e direttore Area Comunicazione e Trasparenza del Formez. Lo stesso Talamo, insieme con Luisa Gabbi, ha poi guidato il tavolo proprio sulla cosiddetta “legge 151”, obiettivo dichiarato dell’associazione.
Si tratta dell’evoluzione della 150/2000, unico riferimento normativo (e oggi del tutto passato) per i professionisti della comunicazione.
“Le attività di informazione e comunicazione illustrate in quella legge – ha affermato Talamo – sono preistoria rispetto all’attualità e al digitale“. Come dargli torto, se dal 2000 a oggi abbiamo conosciuto uno sviluppo poderoso e inarrestabile della tecnologia e, appunto, del digitale.
Il tutto ha portato, naturalmente, all’evoluzione di tanti aspetti legati alla comunicazione. “Bisogna uscire dall’ossessione voyeristica del dato, che oggi è utilizzato solo in funzione anticorruzione. La comunicazione è unilaterale, e ciò porta uno scollamento tra cittadini e PA. Bisogna liberare la signora Maria da questo linguaggio da Azzeccagarbugli”.
Se la signora Maria è la “casalinga di Voghera 2.0” e il linguaggio da Azzeccagarbugli è quel burocratese pastoso e comprensibile, forse, solo a chi lo parla, vuol dire che c’è da cambiare qualcosa.
“I social non sono un nostro vezzo – spiega a proposito Talamo -, ma la più grande svolta comunicativa della storia. Stanno a significare possibilità di interazione e costante occasione di verifica della qualità dei servizi“.
Il passaggio normativo, però, pare assai complicato. “Non serve una declamazione, ma piuttosto una legge. Quella del 2000 fu una grande conquista, ma, appunto, relativa all’epoca. Con tutte le evoluzioni avvenute, ha portato alla lotta tra i capponi di Renzo, ovvero tra comunicatori e giornalisti”.
Concretamente, le due figure dovrebbero invece unirsi, associare le rispettive competenze per formare un unico Ufficio Comunicazione che contenga anche la parte giornalistica e di stampa, oltre a quella dei contatti con il pubblico, della trasparenza, della Citizen satisfaction“.
L’iter che porta alla legge, ovviamente, non può che avvenire a livello istituzionale e politico.
“All’interno del team ‘Open government” del Dipartimento per per la Funzione Pubblica – ha spiegato Talamo – sta per essere istituita una commissione”.
“L’obiettivo è la realizzazione, con l’aiuto di Formez, Agid e PA Social, di una social media policy nazionale“.
“Chi lavora nel pubblico sa che le il problema sono le regole, il tone of voice, le regole d’ingaggio. L’obiettivo è creare la cornice all’interno della quale possano crearsi giornalisti e comunicatori pubblici esperti e di qualità”.
“Tutti temi che i ministri negli ultimi anni – ha chiuso Talamo – hanno sempre messo al centro ma senza mai preoccuparsi delle professionalità che li avrebbero realizzati”.
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