Politici e social: modelli di interazione e distorsioni
Argomento (ab)usato da tutti i sedicenti esperti, ma in realtà sempre molto interessante, è la comunicazione via social dei personaggi politici.
Lo si potrebbe definire il tema dei temi, al centro di focus e di approfondimenti continui. L’ultimo l’ho letto sul Sole 24Ore di alcuni giorni fa, a firma del collega Andrea Gagliardi.
Proviamo a fare un minimo di chiarezza, almeno riguardo ai contorni. II risultato di un’analisi sulle pagine social dei principali personaggi politici italiani restituisce due modelli, due modalità di interazione con il proprio pubblico.
La prima è – neanche a dirlo – quella di Salvini: i tre milioni di “mi piace” sulla pagina Fb la rendono la più seguita d’Europa. I quindici post quotidiani di media piazzano il ministro dell’Interno di sicuro ai vertici dei più presenti. A ruota Giorgia Meloni, con un milione di “mi piace” e una decina di post quotidiani. Ma le interazioni? Quasi niente, se confrontate con il numero di persone che si sintonizzano sulle dirette o che in qualche modo esprimono una reazione alle pubblicazioni.
Questa è quella che gli esperti definiscono comunicazione verticale. Immaginiamo una sorta di piramide: il personaggio politico è all’apice, il suo audience è in basso. Che siano complimenti, domande o insulti feroci, poco importa: l’obiettivo principale di certo non è fornire risposte sulle posizioni assunte, ma piuttosto scatenare emozioni – di qualsiasi tenore – e far circolare il proprio nome. “Bene o male, purché se ne parli”, scriveva Oscar Wilde in un brano de “Il ritratto di Dorian Gray”.
Tra i politici che invece interagiscono col proprio pubblico ci sono soprattutto Carlo Calenda e Federico Pizzarotti. Se Calenda preferisce Twitter, dove lo seguono in oltre 250mila, Pizzarotti sceglie Fb per rispondere a domande sul proprio operato e “replicare agli odiatori della rete”, che lui chiama Napalm 51. “In cinque anni ho risposto a oltre diecimila mail e messaggi privati”, afferma Pizzarotti. Calenda, invece, dedica a Twitter un’ora al giorno (“o di mattina presto o di sera tardi”) e mostra anche di avere una strategia: “Seleziono le domande sulla base dei trend”, dice. Questo tipo di comunicazione viene definito orizzontale: il politico, “sullo stesso livello” del cittadino, risponde alle sue domande. A volte, come nel caso di Zingaretti, a portare avanti questo tremendo lavoro è lo staff, che firma tutti gli interventi.
Un rapporto che può diventare un’ossessione e finire nel criticabile, come nel caso del “Vinci Salvini”: il concorso in cui ai punti delle merendine si sostituiscono i “mi piace” sulle pagine social e invece che “le maglie autografate dai tuoi campioni” puoi aggiudicarti una telefonata o un incontro…sì, esatto, con il ministro dell’Interno.
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