Esterno Notte, la furia delle BR contro lo Stato
di Francesco Napolitano
Esterno Notte è adagiata nel contesto del processo delle BR alla trentennale “occupazione” dello Stato da parte della DC.
Offre una profonda introspezione delle personalità e della psicologia dei protagonisti della vicenda Moro.
Nel turbinio di trattative più o meno segrete, di catacombe e labirinti, di cerchi più o meno ampi o doppi cerchi, di pasti non consumati (ad eccezione di quelli di Andreotti per il quale “si ha sempre bisogno di nutrirsi”), di anime perse (casuale è la locandina dell’omonima pellicola con Vittorio Gassman a inizio film?), a portare quiete e ordine ci pensa la pacatezza di Aldo Moro.
Le sue parole eleganti accompagnate da una gestualità rassicurante sono un continuo invito alla persuasione, alla ricerca di un contatto fra forze di diversa ispirazione, nel tentativo di operare un continuo e reale cambiamento in un Paese a suo dire più avanti dei problemi sentiti dagli italiani, per vivere “con coraggio e fiducia il tempo che ci è dato, perché oggi ci è dato vivere”.
La limpidezza di Aldo Moro fa da contrasto alla fisionomia tesa e allo sguardo buio di Cossiga, attraversato spesso da fantasmi e incubi, segnato da notti insonni. Uomo delle istituzioni dal cursus honorum invidiabile, inno alla concretezza e alla pragmaticità di strategie definite, si rivela un uomo solo, che trova compagnia nell’ascolto infinito delle intercettazioni sulla vita degli italiani comuni, spinto alla deriva da maldestri veggenti e visionari e inghiottito da macchie di vitilligine che espandendosi lo risucchiano sempre di più.
In Esterno Notte, i brutti sogni perseguitano anche Paolo VI, ormai stanco e turbato dall’allucinazione di Moro che da solo regge la croce al posto di tutti i politici peccatori alle sue spalle.
Tuttavia, seppur agli sgoccioli della sua esistenza, il Papa trova la forza per parlare al cuore e alle menti, per cercare di convincere nei suoi accorati appelli i terroristi a liberare Moro, definito “un caro amico da salvare”.
La dignità e il vigore femminile trovano in Esterno Notte perfetta rappresentazione in Nora Moro e in Adriana Faranda.
L’una fervente cristiana, che all’apice di un momento tragico si sforza di amare un nemico da comprendere e perdonare, di proteggere e non abbandonare le mogli degli uomini della scorta uccisi, di reggere da sola la famiglia dopo la morte del marito, di usare il polso duro con i politici incapaci di mediare, trattare e conciliare come avrebbe invece fatto suo marito.
L’altra idealista passionaria tradita dalla causa rivoluzionaria, fra i pochi a voler trattare e a parlare di lealtà e credibilità, unica a mostrare tardivo pentimento e commozione alla vista in tv delle bare dei poliziotti uccisi, e la sola ad interessarsi delle condizioni di salute di Aldo Moro, dei suoi farmaci e della sua Bibbia, l’unica a chiedersi come si può uccidere un uomo a cui si è dato da bere e da mangiare per 2 mesi.
Aldo Moro che non vuole arrendersi alla morte, né rinunciare alla vita, anticipa nella sua ultima confessione il finale del tutto grottesco e ossimorico: è normale che i suoi carcerieri e i suoi compagni di partito lo abbiano condannato a morte in un Paese in cui non vige la pena di morte? É giusto che un professore di diritto sia stato condannato a morte da una giuria che non riconosce né lo Stato, né la legge?
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