Elezioni regionali, risultati e considerazioni in libertà
Elezioni regionali in archivio. Cosa resta di questa campagna elettorale?
Restano alcune immagini stampate nella mente, e considerazioni in relazione a strategie adottate, più o meno fallibili.
- Sardine. Inutile girarci intorno. Le Sardine sono state un “fattore”, come si dice nella NBA per indicare un elemento determinante. Quando si palesarono (era il 14 novembre), lo stesso Salvini ammise trattarsi di un fenomeno “inatteso” (qui i nostri pezzi sul tema).
Probabilmente, però, non poteva sapere che avrebbero concorso in maniera decisiva alla sua sconfitta nelle elezioni regionali in Emilia Romagna.
Basta vedere il risultato di Bologna, sede del loro primo e ultimo raduno di piazza: dal 40 al 70 per cento di affluenza.
Considerato l’aumento vertiginoso della Lega (da 43mila a 108mila voti), viene facile considerare che proprio le Sardine e il loro endorsement per Bonaccini hanno tamponato l’emorragia di consensi dal Pd (da 130mila a 122mila).
- Citofoni. Ad allargare ulteriormente la famosa forchetta ci ha pensato lo stesso Salvini. La citofonata al presunto spacciatore tunisino potrebbe aver allontanato (spaventato) la fetta più moderata dell’elettorato.
Che magari aveva preso in considerazione l’idea di dare fiducia alla Borgonzoni, salvo poi ricredersi dopo il “din don” a mò di sceriffo. In realtà, l’ascesa della Lega è evidentissima (dal 19 al 31 per cento), ma non sufficiente a strappare la vittoria.
Il terreno su cui è scivolato il leader della Lega è quello dell’eccesso, della ridondanza. Se vuoi conquistare nuovi pubblici, devi provare ad andargli incontro, non a forzarli verso le tue posizioni. Altrimenti li perdi.
- Reddito di cittadinanza. Spostiamo brevemente il focus sulle elezioni regionali in Calabria, dove la vittoria del centrodestra non è mai stata in discussione.
Il voto di questa regione sembra azzerare i rapporti tra consenso e reddito di cittadinanza. O forse, dice che la popolazione non ne è rimasta soddisfatta. Alle Politiche del 2018 (affluenza 63,6 per cento), alla Camera il M5S toccò addirittura il 43 per cento, con oltre 400mila voti.
Ieri – affluenza 44,3 per cento -, poco meno di 60mila voti, che fanno il 7,3 per cento. Campanello d’allarme, però, già alle europee di maggio, con il 26 per cento.
Di certo si tratta di elezioni dalla differente natura. Ma è fuori discussione che il M5S, che molti danno per vicino alla sparizione, possa contare su un elettorato più liquido degli altri. Un elettorato che riflette la composizione del movimento stesso.
Ma, complici anche alcune misure evidentemente non proprio andate a segno, si è avuto un vero e proprio sfaldamento.
D’altra parte, nel segreto dell’urna “Dio ti guarda, Casaleggio no”.