L'Italiano Vero

Diritto di tribuna, perché sarebbe una formula sbagliata

06/08/2022

Diritto di tribuna, perché sarebbe una formula sbagliata

Diritto di tribuna, ovvero il pomo della discordia di questi giorni di campagna elettorale.

Nell’accordo tra Calenda e Pd, si è deciso di non assegnare candidature nell’uninominale a personaggi “divisivi”. I leader di partito, quindi, oltre ad alcuni politici esplicitamente segnalati. Tra questi, Di Maio, Fratoianni, Bonelli, finanche Renzi. Gli ultimi tre hanno seccamente rifiutato, Di Maio non ha ancora sciolto il nodo.

A loro, infatti, Letta aveva offerto un seggio sicuro all’interno delle liste del Partito democratico. Il diritto di tribuna, appunto.

Si tratterebbe però di una formula inesatta, errata.

Secondo il costituzionalista e deputato Pd Stefano Ceccanti, infatti, il diritto di tribuna esiste da molto tempo nella politica italiana.

Consiste nel candidare all’interno della lista principale della coalizione come indipendenti personaggi espressione di liste minori. Un esempio è dato dai Radicali, che spesso ne hanno fruito in altre liste (Pd o, prim’ancora, Forza Italia).

Tuttavia, a dire di altri, questa formula sarebbe errata. La legge italiana, infatti, non lo prevede se non per le minoranze linguistiche. “Il diritto di tribuna è il diritto di rappresentanza delle minoranze nel sistema anglosassone”, afferma il costituzionalista Alfonso Celotto all’Adn Kronos.

“É un’enunciazione che in questi è stata usata in modo improprio, dice Celotto. “Potremmo dire che un politico che merita molto vada nominato senatore a vita. Non serve passare dal diritto di tribuna. Nel caso di Di Maio, ad esempio, sarà candidato nella lista Pd per scelta, per diritto di rappresentanza politica.


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