Deepfake, se la satira cede alla deriva bufalara
Deepfake, ovvero l’ultima frontiera delle bufale.
La storia la conosciamo. Poche sere fa, Striscia la notizia manda in onda un filmato (qui) in cui Renzi, in attesa di un collegamento, parla e sparla dei colleghi politici. Passa un solo giorno ed è il turno di Salvini (qui) che, dal Papeete, con la polo della Polizia parla di sostenibilità e ambiente.
A colpire di più è ovviamente il deepfake su Renzi, semplicemente perché è il primo.
Spacciato come fuorionda, vede un’imitazione semplicemente perfetta della parlata dell’ex segretario del Pd. L’immagine, invece, restituisce subito qualche dubbio sulla veridicità del contributo. Appena rientrati in studio, Greggio e la Hunziker precisano che “cerrrrto che non è lui!”.
Ma può bastare? No, non può assolutamente bastare. Mentre pensatori, personaggi influenti e internauti comuni comprendono e divulgano l’importanza di non informare in questo modo, Striscia spaccia la bufala per satira.
I programmi satirici sono politicamente scorretti per definizione. Ma, se da un lato spesso alleggeriscono la portata dei problemi, dall’altro si sentono in diritto di cestinare le stesse regole per cui si battono.
Non è il caso specifico della trasmissione di Antonio Ricci, che però ha reso celebre un inviato in bilico perenne su una BMX. Ma poi ti bacchetta se non metti la cintura.
Il caso delle bufale può rispondere a questa logica. Non nel senso di una contraddizione in termini da parte della trasmissione. Ma piuttosto, nel senso di una considerazione molto scarsa della serietà del tema.
Si pensi che la Commissione Europea ha messo in piedi il “Gruppo di alto livello” (si chiama proprio così) per combattere le fake news. E chi fa satira – il cui confine con l’informazione, peraltro, spesso non si comprende bene – che fa? Addirittura se le fabbrica in casa, inquinando il processo di costruzione di un’opinione consapevole.
Non abbiamo dati certi, ma temiamo fortemente (eufemismo) che la scenetta di Renzi che parla contro Salvini, Di Maio, Zingaretti e Mattarella abbia tratto in inganno molti. Al termine del video, l’abbiamo detto, i conduttori sottolineano immediatamente la non veridicità dello stesso.
Ma viene da chiedere: quanti li hanno ascoltati? Quanti hanno riconosciuto che non si trattasse di un filmato autentico? Quanti hanno visto e ascoltato il finto Renzi, l’hanno scambiato per vero e poi hanno cambiato canale?
O ancora, quanti hanno cominciato a discutere della cosa coprendo le spiegazioni da studio?
Come detto, non abbiamo dati a conforto di questa tesi. Ma immaginiamo che, tra i 5.287.000 spettatori (dati Auditel) che lunedì scorso hanno seguito Striscia, possa esisterne uno, anche uno soltanto, che ha creduto alla messinscena e che non ha ascoltato il post video.
Si è reso un buon servizio utilizzando questa diavoleria tecnologica?
Noi crediamo di no. E restiamo basiti dinanzi alla reazione di Matto Renzi (quello vero), che su Instagram ha fatto addirittura i complimenti alla trasmissione per la trovata.
Ma la faccenda è molto seria, e lo stesso ex presidente del Consiglio ha rimediato il giorno successivo ammettendo di “aver sottovalutato la portata potenzialmente devastante del deepfake“.
In un momento storico in cui si fa un gran parlare della necessità di costruire un’opinione pubblica consapevole, chi fa satira non dovrebbe resistere come e più degli altri a questi impulsi di una pericolosa deriva bufalara.
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