Comunicazione e Protezione civile, lo stop per la normalità
Comunicazione e Protezione civile, il cambio di rotta segna un cambio di vita.
Alzi la mano chi di noi è in grado di associare i due mesi di emergenza ad altro che non sia la conferenza stampa del capo della Protezione civile. Almeno, di sicuro, questa è tra i tre elementi che rimandano mentalmente alla pandemia e alla quarantena.
Comunicazione e Protezione civile si sono presentate ogni santo giorno, alle 18 o giù di lì.
Hanno informato gli italiani fornendo numeri – discussi e invero per molti discutibili – su nuovi contagi, decessi, guariti e ricoveri. Hanno tenuto il polso al famoso trend, insomma, aspettando il picco e la discesa (collegamento in calce per leggere il vocabolario della pandemia).
Da sabato scorso, stop all’appuntamento giornaliero, che alla lunga, con il suo consueto bollettino di guerra, avrebbe potuto avere un effetto distorsivo e deprimente.
Dunque, non è per il calo dei numeri che si sceglie di essere meno presenti. La enormemente agognata – e fin qui nient’altro – fase 2 dovrebbe essere dietro l’angolo. L’Italia dovrebbe ripartire nel giro di dieci giorni, e c’è necessità assoluta che tutti i quarantenati siano caricati a molla.
Naturalmente, sottoporli a un quotidiano stillicidio di inevitabilmente pessime notizie non fa altro che imbottirli di negatività e pessimismo, laddove invece c’è bisogno di uno slancio che solo il secondo Dopoguerra ha conosciuto.
Dunque, a riprova della centralità indiscussa che la comunicazione istituzionale ha assunto in questa fase emergenziale, la Protezione civile rimodula la propria presenza.
Dal 21 febbraio, riflettori sempre puntati sulla sede di via Vitorchiano.
Proprio il 21 febbraio, Conte, Speranza e Di Maio arrivano per una riunione d’emergenza: è il giorno successivo alla scoperta del Paziente 1 di Codogno.
Il 22 febbraio, tutto il governo è lì per un Consiglio dei Ministri al termine del quale, ben oltre la mezzanotte, il presidente del Consiglio fa la sua prima comparsa nell’auditorium “Elio Di Cicco”. Il 23 febbraio, invece, Borrelli, inaugura la tradizione della conferenza stampa delle 18: orario naturalmente scientifico, perché dà tempo a giornali, siti e tg di confezionarsi sulla base dei suoi dati.
Quel giorno, il capo della Protezione civile comunica la morte delle prime 5 persone e il contagio delle prima 219. Oggi siamo a 24mila decessi e 175mila contagi.
Numeri cresciuti con una precisione impressionante. Ma ora, con una fase 2 alle porte, stop a bombardamenti di cattive notizie, per di più sotto i riflettori. C’è un popolo da ricostruire, soprattutto moralmente.