Allarme e paura, resta questo contro i signorini da corsetta
Allarme e paura, sono queste le uniche opzioni percorribili.
Archiviate anche le Idi di marzo, il mese volge all’ultima decade. E la situazione va peggiorando, lo sappiamo. Nord sotto assedio, Lombardia bombardata di contagi. Mentre scrivo, arrivano i dati della Protezione civile: +4480 contagi in un giorno in Italia. I morti, nella sola Lombardia, balzano a 2168.
Eppure, a 50 giorni dal decreto che proclamava lo stato d’emergenza (era il 30 gennaio quando il governo chiuse i collegamenti aerei da e per la Cina), l’Italia sembra non rispondere come dovrebbe.
Come si diceva qualche tempo, risponde “bene, ma non benissimo”. E questo vale nella martoriata Lombardia così come in Campania, in Puglia. Ovunque.
Gente in strada, a fare la spesa (presumibilmente più di una volta a settimana). A “fare ape” dagli amici. A fare la passeggiata. A portare il cane fuori. A fare una corsetta. A riempire i parchi. Basta. Non se ne può più dell’incoscienza di alcuni (che sono sempre troppi) e non se ne può più della volontà di fare affidamento sul buonsenso delle persone.
Sia le istituzioni che i media devono, per forza di cose, cambiare passo. Cambiare registro. Ne hanno, a mio avviso, una sorta di obbligo morale.
All’inizio, quando eravamo ancora nel pieno di un’epidemia, da più parti sono piovute addosso alla categoria accuse di voler creare un clima proprio di allarme e paura.
Retromarcia innestata per narrare un governo che si basa sul buonsenso. Disperatamente, sfacciatamente e inutilmente sul buonsenso.
Su “Repubblica” di oggi, il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese usa ancora la carota. Quanto tempo bisogna aspettare prima di passare al bastone? Quante carovane di mezzi dell’Esercito dovranno desolatamente lasciare Bergamo prima che l’altro esercito, quello dei podisti della domenica, intuisca che forse la situazione è sufficientemente grave?
Quanti morti bisognerà contare prima che qualcuno faccia notare anche ai vertici istituzionali che fidarsi del buonsenso non paga? Qualche testata intende o no cominciare una vera, reale campagna mediatica di allarme e paura?
Se le immagini della carovana triste di Bergamo non hanno attecchito, è chiaro che sono rimaste solo queste due cartucce da sparare.
Settimane fa ci hanno accusato di essere inutilmente allarmisti. E oggi? Cosa siamo oggi, visto che tutti si limitano a riportare numeri impietosi e a pubblicare analisi e commenti chirurgicamente attenti a non danneggiare la narrazione ufficiale? Si tocchino le uniche leve rimaste per provare a far capire ai signorini da passeggiata, da cane e da corsetta che le scarpette devono lanciarle dal balcone.
È una provocazione forte, ne sono consapevole. E sono consapevole che nessuno la seguirà. Ma sono consapevole anche, come certamente non lo sono i podisti, che siamo a un bivio. Io i libri di storia che parleranno di questa pandemia maledetta voglio leggerli.
Altrimenti, è giusto che lo sappiamo, NON andrà tutto bene.
- Qui un articolo de Il Giorno sugli spostamenti dei lombardi in questi giorni.
Comunicazione e Covid: Gallera, sorriso e speranza - Velocità Media
[…] Qui il pezzo sulla necessità di un cambio di passo, anche dei media, verso i troppi che ancora escono. […]