Comunicazione (è) Politica

Politica e media: campagna elettorale, l’analisi di Postiglione

01/06/2019

Politica e media: campagna elettorale, l’analisi di Postiglione

“Più che una sconfitta degli altri, questa è la vittoria di Salvini”.

Alessio Postiglione è uno dei più grandi esperti italiani di comunicazione politica.

Napoletano purosangue, è Capoufficio stampa presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. È docente proprio di Comunicazione Politica alla Università Link Campus di Roma e alla Rome Business School, oltre ad aver insegnato anche presso la Luiss Guido Carli.

La sua ultima pubblicazione, presentata nel cuore della Capitale la scorsa settimana, è “Popolo e populismo” (Cairo, 2019), scritto a quattro mani con Angelo Bruscino e subito ai vertici delle classifiche di vendita: un pamphlet che si chiede dove stiano andando Italia ed Europa e che racconta con grande lucidità la situazione politica italiana e internazionale, con uno sguardo su ciò che si profila all’orizzonte.

Con la sua consueta chiarezza, Postiglione analizza la campagna elettorale appena trascorsa.

Alessio, partiamo dalla fine e dalle forze di maggioranza: Lega e M5S hanno scelto due strategie politiche evidentemente differenti, con risultati evidentemente differenti. Più merito di Salvini o più demerito dei pentastellati?

Premessa: preferisco parlare genericamente, senza esprimere giudizi sui colleghi dei vari uffici di comunicazione, peraltro tutti colleghi molto in gamba. Tengo inoltre in considerazione il fatto che fare una campagna elettorale è sempre molto complicato. Detto questo, credo sia obbligatorio parlare di quanto è stato bravo Salvini, visto che la comunicazione politica è anche politica. È stato bravo perché ormai da parecchi mesi, cioè sin da quando è nato il governo, ha investito tutte le sue energie, politiche e comunicative, su due-tre questioni. Quasi come un partito single-issue (monotematico, ndr) ha puntato su sicurezza, aspetti economico-fiscali e tasse.

Quindi oltre al Rosario e al Cuore Immacolato di Maria c’è dell’altro?

C’è da dire che la capitalizzazione è stata immediata, specie sul fronte della sicurezza. È più facile chiudere i porti che portare avanti riforme di tipo economico come il Reddito di Cittadinanza e il Decreto Dignità, “a marchio Cinquestelle”, che hanno bisogno di tempo per palesare i propri effetti. Sono aspetti che l’elettore non coglie, a differenza dei porti: Salvini aveva detto che sarebbero rimasti chiusi e lo ha fatto.

I risultati, seppur opposti rispetto a un anno fa, sembrano restituire comunque una fiducia nel governo da parte degli elettori.

Sì, effettivamente è così. I partiti all’opposizione non hanno certo decuplicato i consensi. Alcuni – come il Pd – sono aumentati in percentuale perché è calata la percentuale dei votanti. Dunque, i cittadini hanno votato in generale per il governo ma hanno ritenuto di premiare Salvini rispetto al M5S. Questo perché, come detto, dal punto di vista delle politiche pubbliche, quelle di Salvini sono istanze più immediate e subito realizzabili.

Alessio Postiglione in una foto d’archivio

Veniamo all’analisi del vincitore e della sua comunicazione. A tuo dire, quali sono le mosse che maggiormente lo hanno favorito in questa campagna elettorale?

Salvini è fortissimo nella comunicazione, questo è evidente. Ci sono degli elementi strutturali ravvisabili. Innanzitutto, l’accentramento su di sè di tutto. Il capo della Lega in questo è assorbente rispetto alla Lega stessa, tanto che spesso si parla di lui e non del partito. In lui si concretizza la famosa democrazia del leader teorizzata da Mauro Calise. Poi c’è da sottolineare la metamorfosi: l’operazione-branding ha funzionato benissimo. La Lega era verdissima, dal logo fino alla cravatta: era il colore che identificava la Padania. Poi, prima delle elezioni, è nato un “sottoprodotto”, “Noi con Salvini”, un contenitore centrato su di sè, il cui colore era il classico blu che viene utilizzato nella visual identity per individuare un partito centrista moderato.

Il famoso azzurro che veniva associato a Forza Italia?

Proprio così. Quindi Salvini ha trasformato un partito a carattere micro-locale attraverso un processo ben definito: ha creato prima un contenitore total blue, che poi ha assorbito la Lega. Quest’ultima, non a caso, da verde è diventata blu. Il blu del centro-destra. Un’operazione di ri-brandizzazione della Lega perfettamente riuscita. Tutto è stato centrato su di lui: democrazia del leader molto spinta, non si sentono voci dissenzienti ma solo la sua, con una grande proiezione mediatica.

Matteo Salvini e il suo spin doctor Luca Morisi

Salvini è un grande conoscitore e utilizzatore del digitale. Ma come si pone rispetto alla rete?

La Lega – e Salvini in particolare – è un Marketing Oriented Party, non un Product Oriented Party. Mi spiego. Se propongo di pagare meno tasse, tutti sono felici. Se propongo di adottare l’economia circolare (proposta dal M5S, ndr), invece,non tutti capiscono cosa voglia dire. La natura MOP si evidenzia in un elemento: lui cerca di sentire il polso della rete, coglierne l’umore, e si butta su quello che la rete chiede. Il POP ha un prodotto culturale da proporre e cerca di portare l’elettorato dalla sua parte. Salvini fa l’opposto. Cosa dicono i cittadini? Criticano Mahmoud perché preferivano Ultimo? Allora dico anch’io che mi sarebbe piaciuto Ultimo vincitore.

Praticamente il meccanismo – riveduto e corretto – introdotto da Berlusconi e poi da Sarkozy, che vedeva l’istituto del sondaggio come stella polare delle politiche da adottare?

Proprio così. Attraverso questo meccanismo, Salvini riesce oltretutto a essere una sorta di tuttologo, un Roberto Saviano al rovescio. Saviano sermoneggia su tutto col suo fare da intellettuale, Salvini – ed è la ragione per cui loro due non si prendono – fa il contrario. Interviene da Mahmoud al Milan, facendo la camera d’eco dell’opinione della maggioranza, che lui brillantemente ribattezza “il buonsenso”. Tanto che il claim della sua campagna non è stato “per un centrodestra unito”, ma “il buonsenso al governo”.

Ma quindi, se questo è il ruolo della rete, fare oggi campagna elettorale su stampa e tv non ha più senso?

Ha senso, eccome! La comunicazione politica di oggi è disintermediata: politici che parlano direttamente ai cittadini, bypassando i professionisti della mediazione intellettuale, opinion leader giornalisti. Ma se è vero che questi ultimi hanno meno influenza di prima, è vero anche che non sono scomparsi nella società, e ancora riescono a muovere un po’ di consenso. Non ha senso dire “vado sulla rete e abbandono giornali e tv”: bisogna presidiare tutto. Un articolo su un quotidiano può sempre essere utile, e della televisione non ne parliamo proprio! La gente si informa in tv, non c’è questa sconfitta subita a opera della rete. Essere presente nel tubo catodico è semplicemente fondamentale. Salvini ha capito anche questo, e anche da lì detta l’agenda, anzi la impone, intervenendo su tutto ciò che può essere passaparola mediatico e obbligando gli altri a rincorrerlo.

In questi giorni Renzi è al Bilderberg, oggi Salvini era al mercato di Potenza a fare volantinaggio come l’ultimo dei militanti della Lega. A tuo parere, stare in mezzo al popolo è populismo o denota sensibilità per i problemi della gente?

Il fatto che Salvini presidi i quartieri popolari è la dimostrazione che lui è vicino nei fatti alle esigenze delle persone. La verità è che, mentre la sinistra crede e urla che Salvini è un fascista brutto e cattivo che manipola le notizie, in Italia c’è un reale problema di immigrazione e, quindi, di integrazione. Chi dice che l’invasione non c’è, non vive e non frequenta Tor Pignattara e il Pigneto, zone tradizionalmente “rosse”. Non a caso, in questi posti la Lega è risultata il primo partito. Il Pd dove ha preso voti? Nei quartieri delle élite. E soprattutto, non ho la sensazione che il Pd abbia fatto man bassa di voti. A livello numerico, non di percentuale, i dem hanno preso i consensi che avevano preso alle ultime elezioni, unendo Pd, Articolo 1 e Leu. Aumenta in percentuale per la diminuzione dell’affluenza, ma resta pressoché invariato in termini assoluti.

Postiglione nel corso della presentazione a Roma di “Popolo e populismo”

Dunque, questo 34 per cento della Lega è frutto anche di voti provenienti da sinistra?

Quello che vediamo da parecchi anni è che la base elettorale della sinistra si è per gran parte spostata a destra. Perchè la Destra, su una serie di questioni – immigrazione e integrazione da ultime – mette il dito nella piaga. Lo scetticismo nei confronti dell’immigrazione non è razziale, ma prettamente economico. Gli immigrati portano dumping salariale: un ricercatore universitario non è spaventato da un collega che arriva dall’Azerbaijan. Ma un portiere d’albergo o una donna delle pulizie sono preoccupati dal fenomeno migratorio, che porta i loro compensi a picco. D’altra parte, l’aumento dell’offerta di lavoro diminuisce il costo.

Un po’ quello di cui viene accusato il grande capitale, Soros su tutti.

Proprio così, tanto che in molti reputano che il migrazionismo non sia un fenomeno della “sinistra dal cuore d’oro”, ma una strategia economica che il grande capitale patrocina o di cui comunque giova. Quindi, parlare di razzismo è falso, nella misura in cui i quartieri popolari soffrono delle condizioni materiali di deprivazione. Di queste ultime gli immigrati rappresentano un elemento di amplificazione. E la Sinistra che non riconosce questo ha fatto sì che il proletariato, un tempo base del suo elettorato, adesso voti Salvini. Cioè l’unico che ha avuto la forza di dire basta immigrazione, perché i costi li pagano a Tor Pignattara e al Pigneto. È una questione materiale, ben diversa dal razzismo.

Alessio, un’analisi su Forza Italia è d’obbligo. È in caduta libera: perché Berlusconi non sa più affascinare al di là dello zoccolo duro di elettori?

Questo spazio a destra lo ha preso Salvini, sta cannibalizzando tutto. C’è da dire che Berlusconi ha sempre avuto un grande senso di leadership, ma ritenere che possa ancora esercitarla è complicato, anche sotto il profilo dell’energia. È meno esposto mediaticamente, sui social ci sta poco (e male). Poi le strategie di Salvini stanno dando frutti, sta facendo bottino pieno anche dei voti di Forza Italia.

Fa rumore anche l’exploit di FdI: la Meloni molto attiva e presente in rete, oltre che incisiva in tv. Sembra che a destra il voto si stia polarizzando. 

In generale il successo della Lega e di FdI nei confronti di Forza Italia è un risultato che risponde a una protesta nei confronti delle politiche liberiste. Può sembrare eccessivo perché magari l’elettore non vota sulla base di concetti come il liberismo. Invece il cittadino di centrodestra che vede Forza Italia ormai in pianta stabile nel PPE, la identifica come ingranaggio di un’Europa lontana da sé. Poi c’è da dire che la dicotomia liberalizzazioni/conservatorismo porta questi partiti ad avvicinarsi e ad essere riferimento di intere categorie. Si pensi ai taxisti nella battaglia contro Uber. Fdi è un partito di Destra, con un approccio post-fascista all’economia: mercati chiusi, protezionismo, corporativismo. Un approccio che piace alle corporazioni, dove dunque guadagna terreno. La rivoluzione liberale di Forza Italia – mai fatta – non piace più, e la gente preferisce partiti corporativisti, antiliberisti o critici del liberismo.


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