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Newsbrand italiani: solo traffico, zero dialogo

09/12/2019

Newsbrand italiani: solo traffico, zero dialogo

Newsbrand italiani sotto i riflettori attenti di Datamediahub.

Per tre mesi, dal 9 settembre al 7 dicembre, il think tank fondato e diretto da Pier Luca Santoro ha analizzato le pagine Fb di venti quotidiani italiani. E ne sono venuti fuori risultati che tratteggiano il panorama dell’informazione.

Un’informazione che tende sempre più verso il confine con la comunicazione.

I newsbrand italiani – lo si può leggere qui – fanno un uso smodato delle pubblicazioni e quasi nessun uso di risposte per dialogare con gli utenti.

Le testate prese in esame, come detto, sono venti. Dieci quelle cartaceo-digitali – Repubblica, Corriere della Sera, La Stampa, Il Sole24Ore, Il Fatto Quotidiano, La Gazzetta dello Sport, Libero, Il Giornale, Il Manifesto, e Avvenire.

Dieci anche quelle digitali: Fanpage, TGCom24, Today, HuffPost Italia, TPI [The Post Internazionale], Il Post, ANSA, Notizie.it, Open, e Lettera43.

In pratica, come scrive lo stesso Santoro (e come si può verificare nell’immagine qui in basso), le fanpage dei giornali sono di fatto una ‘discarica di link’, per generare traffico al sito, senza nessuna, o quasi, gestione della community, né tantomeno un dialogo con i lettori, con le persone”.

È proprio questo che fa specie più di tutto. Nei tre mesi in esame, Il Giornale pubblica la bellezza di 12.139 post, 133 post al giorno, 5,5 ogni ora. FanPage 128 al giorno, Il Fatto Quotidiano 110. FanPage è quello che maggiormente interagisce col pubblico: 54 risposte in 3 mesi. Notizie.it 51, Il Sole24Ore 46.

La slide, dal sito di Datamediahub, riguardante il numero di post delle testate tradizionali in tre mesi

Dunque, la riflessione è scontata. Inadeguata la gestione delle pagine Facebook. Le testate puntano soltanto a generare traffico sui propri siti. Quantità invece di qualità: una rete enorme lanciata in mare per raccogliere non i migliori pesci, ma il maggior numero possibile.

Come conferma lo stesso Santoro, il tentativo è quello di battere l’algoritmo di Facebook ed aumentare la reach, la portata complessiva della fanpage. Il fine ultimo è di dragare traffico verso il proprio sito web”.

Una scelta, quella di puntare sulla quantità, indotta anche da un altro aspetto, non meno importante. Gli scarsissimi investimenti su figure quali il social media editor, che spesso è volentieri è un giornalista che fa doppio lavoro.

Esemplare una frase di Santoro, che è in realtà una domanda.

“Non è un caso infatti che 19 testate su 20 registrino un calo del numero di fan, seppur esiguo. Del resto, banalmente, chi di noi vorrebbe mai parlare con un soggetto che non risponde mai?.


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