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L’uso politico della religione: tutto il mondo è paese

21/07/2024

L’uso politico della religione: tutto il mondo è paese

L’uso politico della religione è un fenomeno diffusissimo in tutto il pianeta.

A teorizzarlo, tra i primi, fu nel XV secolo Nicolò Machiavelli, non a caso il padre della moderna scienza della politica.

La retorica di chi fa comunicazione politica (o politico-elettorale) attinge anche al lato mistico, a cui l’uomo è ancestralmente legato. I continui richiami alle figure sacre sono sempre frutto di strumentalizzazione da parte dei politici. Si tratta, com’è ovvio, di richiami tesi a creare un ponte, un filo di unione d’anima tra chi parla e chi ascolta.

All’estero possiamo indicare quei luoghi dove la religione diventa legge dello Stato. Ma possiamo anche citare quei leader che hanno testimoniato l’uso politico della religione. Putin si è convertito all’ortodossia per colmare, secondo alcuni, il vuoto ideale lasciato dal crollo del Comunismo. Bolsonaro ha avviato la propria scalata politica facendosi battezzare nel fiume Giordano, proprio come Gesù. – Putin, Bolsonaro,  che fanno leva sulle confessionni in Italia potremmo approfondire il concetto anche tornando indietro nel tempo.

La Democrazia Cristiana aveva già nel nome l’uso politico della religione.

Il Fascismo, dal canto suo, si è sempre presentato come dottrina quasi confessionale, e Mussolini come “Uomo della Provvidenza”. Un modo per ottenere più facilmente la legittimazione sociale per arrivare alla legittimazione dello Stato come lo si intendeva.

Trump posa con la Bibbia davanti a St. John Episcopal Church, conosciuta come la Chiesa dei presidenti (1.6.2020)

Il motto nazionale degli Stati Uniti è “In God we trust” (“noi crediamo in Dio”), che chiaramente indirizza pensieri e sentire comune.

Abbiamo tutti fatto caso, poche notti fa, da Milwaukee, quanto Donald Trump abbia citato Dio. Per averlo fatto muovere quel tanto che è bastato perché il proiettile gli colpisse solo l’orecchio. Per aver deviato la traiettoria del secondo proiettile. E per altro ancora.

Abbiamo ascoltato anche Joe Biden, nelle scorse settimane, affermare che solo Dio onnipotente può dirmi di lasciare la corsa” (anche se dopo pochi giorni ha preferito dire “il medico”).

Tuttavia, non solo negli Stati Uniti, dove tutto fa campagna elettorale, la religione entra suo malgrado a gamba tesa nella disputa per la Casa Bianca. Tutto il mondo ha la sua storia e le sue storie in cui politica e sentimento religioso s’intrecciano, spesso fino a fondersi, sovrapporsi e rendersi indistinguibili. Anche l’Italia, come detto.

Ne ho già scritto anni fa (qui). Era il periodo in cui Salvini ostentava rosari in ogni dove, affidava “il popolo italiano al Cuore Immacolato della Vergine Maria” e declamava padrenostri in diretta televisiva. Ma era anche il tempo in cui Conte, ospite di Bruno Vespa, tirava fuori dalla giacca la figurina di San Pio da Pietrelcina.

Un frammento del battesimo evangelicale di Bolsonaro

L’uso politico della religione, cioè, non è che la religione vista (e usata) come strumento di lotta politica sia interna che esterna.

Paradossale che si punti su questo in un momento storico in cui, com’è noto, si vive una crisi delle coscienze e una nettissima diminuzione della partecipazione liturgica da parte dei cittadini. Ciò vuol dire che i partiti vedono e usano la religione in chiave soprattutto identitaria.

E se è vero che in Italia e in Europa possiamo riferirlo a partiti e movimenti a trazione sovranista, abbiamo visto che lo stesso non può dirsi per gli Stati Uniti, dove la componente confessionale è evidentemente trasversale.

Come afferma Iacopo Scaramuzzi nella sua ricerca “Dio? In fondo a destra”¹, “l’uso e l’abuso di simboli, parole, riferimenti cristiani è un segnale di fumo destinato ad un elettorato smarrito dalla globalizzazione e dalla crisi economica, una rassicurazione a buon mercato a chi teme il futuro ed ha nostalgia di un piccolo mondo antico, dove non mancavano le processioni e le devozioni popolari”.

 

¹Scaramuzzi I. (2020), “Dio? In fondo a destra”, Emi (qui)


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