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Il Foglio, Di Maio (quello “finto”) e la sorella della bufala

26/07/2019

Il Foglio, Di Maio (quello “finto”) e la sorella della bufala

Il Foglio che intervista Di Maio che spara a zero su Salvini.

Una bomba, a prima vista. Ma anche a seconda, a terza, a quarta e a penultima vista.

Le fake news come nemico da abbattere, da sconfiggere, causa di molte delle distorsioni mediatico-politiche di oggi.

Siamo tutti d’accordo, e su questo si sono sprecate pagine e pagine e ancora pagine. Quella de Il Foglio dell’altroieri non è forse una fake news in quanto tale, ma dalle conseguenze ci si avvicina molto. Potremmo definirla una “sorella della bufala”.

I fatti. Alcuni giorni fa, il quotidiano diretto da Claudio Cerasa pubblica un’intervista (la trovi qui) a un politico di nome Di Maio. Dichiarazioni fortissime: Salvini è inadeguato al suo ruolo, nel governo ci sono divisioni profonde eccetera.

In tantissimi sui social ribaltano il pezzo o semplicemente parti di esso, con frasi e domande annesse. “Secondo voi chi ha detto queste frasi? Ma come fanno a stare ancora al governo insieme?!”. E via di questo passo.

Il tranello, difatti, è svelato solo in chiusura di articolo, dove si specifica come l’intervistato non fosse Luigi Di Maio.

“Ah, a proposito: ma non è incredibile che Salvini la settimana scorsa l’abbia scambiata per il Di Maio del M5s? ‘Si vede che lo considerava verosimile’, dice Marco Di Maio del Pd.

Il colloquio del Foglio con Marco Di Maio, che continua in un piede a pagina 2

Il Foglio, Di Maio: il danno era ormai fatto.

Personalmente, ho dovuto segnalare a tre utenti la reale identità del politico nell’intervista firmata “da”. Un evidente gioco e anche a prima vista simpatico, quello del Foglio di Cerasa, che però ha causato una distorsione nel dibattito politico.

Né più, né meno di quanto accade con le fake news. È per questo che l’ho definita la sorella della bufala.

A mio parere è sufficiente considerare un dato, che va a suffragare questa tesi.

In media, un terzo dei lettori di notizie apre un articolo ma neppure comincia a leggerlo. Il numero s’impenna al 90 per cento nei casi peggiori. Insomma, ci sono tantissimi internauti che si sentono lettori solo perché atterrano su un sito. E fa niente se di consultarlo non se ne parla proprio.

Proprio considerando questi numeri, risulta ancora più chiaro che chi gli articoli li scrive deve immediatamente chiarirne i contorni. Nel caso di un’intervista o di un colloquio, il soggetto che parla dev’essere subito specificato e riconoscibile.

Altrimenti, in un periodo dove la confusione sembra l’unica cosa che non manca, il rischio è soltanto di crearne dell’altra.


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