Cardarelli, dove la morte uccide pure la deontologia
Cardarelli di Napoli sotto i riflettori, ancora una volta.
Sembra essere una di quelle cose che sai che prima o poi arriveranno, come il Natale. Ora per le barelle, ora per le condizioni igieniche. Ieri è accaduto per un video che sa di disgusto, di ciarpame morale, che ciascuno di noi ha ricevuto sul proprio smartphone.
Ognuno, poi, ne ha fatto ciò che ha creduto più opportuno fare. C’è chi l’ha censurato, chi lo ha inviato solo ai contatti più fidati (come ho fatto io), chi lo ha pubblicato. Quindi, secondo l’etimo della parola, lo ha reso pubblico.
Si tratta non solo di singole persone, ma di testate di grandissimo livello. Il Mattino, Il Corriere della Sera, La Repubblica, Fanpage. Praticamente tutte. Poche le eccezioni, tra cui Il Riformista, che ne ha discusso in redazione per poi decidere di soprassedere.
Perché? Per la ragioni che avrebbero dovuto essere le più ovvie: “Rispetto per la famiglia della vittima (o delle vittime, ndr), degli ammalati e del personale sanitario che da tempo lavora in condizioni estreme”. Insomma, può il giornalismo sano e corretto derogare alla deontologia per l’ossessione di evitare il buco?
Non nascondiamoci dietro un dito. Rendere pubblici fatti come questo del Cardarelli espone la categoria dei giornalisti (purtroppo tutti, anche chi ha fatto scelte opposte) a un giudizio sprezzante.
E di certo non aiuta il comportamento di alcuni colleghi, capaci di fare mille cose insieme. Censurare il video, evitare di pubblicarlo e poi pubblicarlo. Più di una persona ci ha segnalato il caso di Ciro Pellegrino, capo area Napoli di Fanpage.
In un post su Fb, Pellegrino aveva assicurato: “Non lo metto il video dell’uomo morto nell’inferno dei sospetti Covid al Cardarelli di Napoli”. Il video, però, dopo poco finisce sulla pagina Youmedia di Fanpage. Non bastasse, il collega pubblica un nuovo post: “È giusto vedere, far vedere e diffondere integralmente (pur coprendo i volti) il filmato choc girato nel Pronto soccorso del Cardarelli di Napoli”.
La narrazione del miracolo, che ammirevolmente prova a smontare, è evidentemente e bruscamente smentita. Ma c’è altro modo per poterlo fare. La notte gli avrò portato consiglio, o forse ha solo ceduto alla tentazione di evitare un buco. Con tanti saluti alla deontologia.