Lucci e Scarface, messaggio da brividi: la tv scatena ancora opinione
Lucci e Scarface, l’orrido va in onda.
La prima puntata di “Realiti – Siamo tutti protagonisti”, su Raidue, è stata qualcosa di abominevole. Non perché – grazie a Dio – i due citati, Enrico Lucci e Leonardo Zappalà, ce li ritroveremo sempre insieme, stile Al Bano&Romina o Paola&Chiara.
Ma per il modello di tv. È al modello di tv che faccio riferimento.
Un modello infarcito di ostentata bontà e che espatria in un buonismo malcelato e avvilente. Con queste premesse, Lucci e Scarface ci mettono davvero niente a dare vita a un teatrino dell’orrido.
Il conduttore cerca in un minuto e mezzo di convincere un neomelodico palermitano, affascinatissimo dalla mafia, a studiare la storia.
È un modello di tv che prevede di dare spazio – e trono – a un ragazzino di 19 anni che solo per il nome e per gli idoli che ha scelto – Al Capone e, appunto, Scarface – meriterebbe un bel periodo di riformatorio.
Un modello che, al contrario, sceglie di cercare un dialogo con esponenti di questo illuminato filone di pensiero. Lucci si premura di far sapere che non è l’autore della trasmissione, quindi non è lui che invita gli ospiti (anche se è complicato pensare che non lo sapesse). Lucci e Scarface non avevano avuto alcun contatto, in sostanza. Sottolinea, poi, che “è un ragazzetto, mica Riina o Provenzano”.
Ottimo. Dunque, nonostante i più giovani – che sono il pubblico di questi personaggi – abbiano abbandonato la tv come fonte principale di informazione e ripiegato sui nuovi media, il tubo catodico conserva il suo ascendente. Lo ha spiegato benissimo anche Alessio Postiglione proprio a Velocità Media (collegamento in basso).
In pratica, è ancora un grande incubatore e distributore del pensiero presso l’opinione pubblica.
Anche perché, proprio a proposito di nuovi media, tra i tanti ruoli che hanno, c’è anche quello di amplifcatore dei contenuti della tv. Il tutto viene subito ribaltato lì sopra. D’altra parte, basta dare uno sguardo ai dati Demopolis di gennaio per capire quanto i giovani utilizzino i nuovi media per informarsi (collegamento in basso). Provate a fare un giro sul profilo di Zappalà-Scarface. Condivisioni a gogò dell’ospitata su Raidue condite dai consueti insulti ai “giornalisti terroristi”. L’unica nota positiva è che di insulti – un mare – ne prende anche lui.
Non sarò tagliente come lo è stato ad esempio Maurizio Crippa su Il Foglio di oggi – collegamento in basso. Ma di certo, concedere trono e ruolo di protagonista a un personaggio che ostentatamente si rifiuta di applaudire le figure di Falcone e Borsellino, beh, fa venire i conati. Così come fa rabbrividire il servizio mandato in onda sull’altro neomelodico, stavolta catanese, tale Niko Pandetta, che enuncia tutto il suo Curriculum Vitae: primo cd realizzato con i soldi di una rapina e successo raggiunto con un pezzo dedicato a suo zio, boss della stidda detenuto a L’Aquila in regime di 41Bis.
Pandetta, dopo la puntata, aveva pure pubblicato un video di minacce rivolto a un consigliere regionale campano – che si era rivolto contro di lui -, mostrandogli una rassicurante pistola in ceramica.
Insomma, forse concedere spazio a questi personaggi in ossequio al dovere morale di mostrare cosa c’è in rete è un po’ eccessivo. Direi offensivo. Considerato proprio il ruolo sociale che ancora oggi la televisione riveste, può bastare un messaggio di scuse, come il dg Rai Fabrizio Salini ha fatto?
Onori e oneri, insomma. Perché, come ha detto qualcuno in un italiano – diciamo così – migliorabile, “se ci piace il dolce, ci deve piacere pure il salato”.
Che poi, qualcuno ha capito perché palermitani e catanesi cantano in napoletano?
- La nostra intervista ad Alessio Postiglione, in cui parla anche dell’importanza della tv
- Il nostro pezzo su giovani e informazione
- Il pezzo di Maurizio Crippa su Il Foglio
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