Comunicazione (è) Politica

Essere Trenta e saper comunicare zero

08/09/2019

Essere Trenta e saper comunicare zero

Si chiama Trenta ma comunica zero.

È il destino – a metà tra l’anagrafe e i numeri – dell’ex ministro della Difesa, ormai scaricata anche dal Movimento 5 Stelle.

Sulla vicenda dell’appartamento, colta dall’ottima Fiorenza Sarzanini con le mani nella marmellata e con le chiavi di casa in tasca, ha saputo apportare giustificazioni davvero risibili.

Non tanto per il contenuto – non siamo noi a doverlo giudicare -, quanto per l’effetto che esso ha sull’opinione pubblica. “Mi serve l’appartamento più grande perché ho una vita di relazioni e devo incontrare gente”. “Al Pigneto si spaccia droga, non è un posto sicuro”.

D’altra parte, la Trenta non è nuova a uscite comunicative discutibili. Lo aveva fatto quando, non confermata in Via XX Settembre, aveva reagito con frasi che avevano lasciato basiti i più. Negli stessi giorni, oltretutto, in cui Teresa Bellanova, attaccata per il suo vestito – anch’esso discutibile, per la verità -, aveva messo a posto tutti con qualche frase ben assestata.

Bellanova Teresa e Trenta Elisabetta.

Finite entrambe, negli ultimi giorni, nell’occhio del ciclone, seppur per ragioni molto differenti. La Bellanova, lo sappiamo, ha giurato da ministro dell’Agricoltura del governo Conte due (e non Conte bis: leggi qui perché) nei minuti in cui la Trenta impacchettava gli scatoloni per lasciare il Ministero della Difesa.

Diciamolo, tutti l’abbiamo notata, la Bellanova: la sua silouhette simpaticamente abbondante, che ricorda le nonne del Sud di una volta, e il blu elettrico del suo vestito non sono passati inosservati.

Qualcuno – tanti, troppi – hanno ritenuto opportuno per questo criticarla e esporla al pubblico ludibrio, mentre Enzo Miccio l’ha sdoganata complimentandosi pubblicamente.

Un’immagine d’archivio della Bellanova

Lei ha incassato con stile e replicato il giorno successivo con una dote che in pochi mostrano di avere: l’autoironia. La capacità di non prendersi troppo sul serio. Difatti, mutuando un successo degli Oasis, potremmo definirla “Champagne Bellanova” per l’immagine spumeggiante che restituisce.

Ha lasciato che la polemica si accendesse, che tutti dicessero la propria. Poi, nel primissimo pomeriggio di venerdì, ha tirato fuori un cinguettio di replica che ovviamente è stato ripreso da chiunque. 31mila “mi piace” e oltre 5.200 retweet. Numeri da capogiro (prima foto in calce).

La mattina successiva, non contenta, ne ha pubblicato un secondo, che al momento in cui scriviamo è fissato in alto nella sua pagina. Visto che il blu di ieri ha elettrizzato molti, ho voluto provare con questa mise oggi, che ne dite? #vestocomevoglio oppure no? Secondo voi?”.

In foto, il ministro in ufficio, al telefono con una maglia a sfondo giallo e pois neri. Numeri enormi anche in questo caso – 34mila “mi piace” e 4mila retweet – ma, soprattutto, la capacità di creare dal nulla un hashtag di super tendenza. Quel #vestocomevoglio è stato infatti trend topic per tutta la giornata di ieri.

Probabilmente, dietro le mosse comunicative della Bellanova c’è qualche stratega: indovinate tutte.

L’attesa, il cinguettio, la difesa non patetica, il secondo cinguettio, il tone of voice – prima serio, poi ironico -, l’orario di pubblicazione.

Bellanova
Conte con le donne del suo governo, nel giorno del giuramento

Non si può dire lo stesso – anzi – dell’ex ministro Trenta. Mentre appunto si apprestava a lasciare Palazzo Baracchini e via XX Settembre, ecco l’intervista a Il Messaggero (leggi qui).

Un esempio da portare nelle scuole di come NON si fa comunicazione. Di come un profilo istituzionale NON deve comunicare.

Mettendo da parte i contenuti – che pure non sono secondari perché lasciano intendere tanto -, a impressionare è la scompostezza, il disordine, la confusione. Risultati dell’assenza evidente e totale di una strategia comunicativa che fino a pochi mesi fa era invece chiara, lineare e coerente.

In un’intervista che ha del surreale, la Trenta si fa letteralmente tirare le parole dal bravo collega Simone Canettieri. Le sue risposte sembrano taglia e cuci di interviste su diversi temi: non c’è un filo logico, non c’è un criterio sul quale muoversi dall’inizio alla fine.

Comincia col dire di non voler parlare con i giornali, salvo poi vuotare il sacco alla terza domanda. Una Caporetto mediatica, dopo quella politica.

Insomma, due attacchi e due reazioni completamente opposte. Perché saper comunicare è un’arte e una professione. Ma presuppone un minimo di talento.


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